E Roberta Pinotti sì pentì subito della «sua» legge

(...) consultazioni in streaming di Bersani, il leader del Pd e presidente incaricato ha offerto su un piatto d'argento al MoVimento Cinque Stelle la testa dello stesso Terzo Valico e della Tav. Così spiega il responsabile nazionale infrastrutture del Pdl Grillo, Gigi però, che mangia Terzo Valico a colazione, pranzo e cena: «Non meraviglia l'atteggiamento dei grillini, ma pur di ottenerne il consenso il Pd è disposto a sacrificare due opere strategiche che sono autentici pilastri per lo sviluppo dell'economia europea e italiana. Sarebbe auspicabile che quanto prima il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando facesse conoscere la sua opinione in merito».
E poi, da Monterosso patria di Grillo a Monterosso, c'è un altro classico: il ruolo di un ligure di adozione come Gregorio Fontana, deputato bergamasco, ma con salde radici nel centro delle Cinque Terre, che nella scorsa legislatura era il massimo conoscitore di regolamenti del Pdl nel ruolo di senatore della Camera e oggi riparte come massimo conoscitore della macchina parlamentare del Pdl nel ruolo di questore di Montecitorio. Se ci mettete il carico da undici del fatto che è belloccio e dotato di dizione impeccabile, tale da far sospirare persino le deputate grilline, il gioco è fatto.
Ma, a parte il caso di Lucio Barani di cui ci siamo occupati ieri (e che ha presentato decine di proposte di legge fra cui, insieme ad altri senatori, un progetto sulla modifica al codice della strada «in materia di circolazione dei velocipedi e di comportamento di pedoni, corridori e podisti» e da solo, proprio ieri, una norma per «agevolazioni fiscali per l'acquisto di mobili e accessori per l'arredamento della prima casa da parte di nuove coppie»), la superstar ligure della nuova legislatura è Roberta Pinotti. Che, insieme ad alcuni senatori del suo gruppo, fra cui Anna Finocchiaro, si occupa del tema interessantissimo e importantissimo delle norme per arrestare «parlamentari e membri del governo della Repubblica» (norma studiata in chiave antiCav?) e - da sola - presenta ben sei proposte di legge.
Piccolo particolare: tranne una, sono tutte riciclate da precedenti legislature. Robertina, infatti, è al quarto turno in Parlamento, due volte alla Camera e due al Senato.
La senatrice più affascinante del Pd ligure si occupa della delega per riformare il codice penale militare di pace, già visto nella scorsa legislatura, di «misure in favore delle Accademie di belle arti non statali» (e siamo al bis), di «istituzione del marchio etico per il riconoscimento delle imprese socialmente responsabili» (bis pure qui), e di «disposizioni concernenti lo scioglimento del matrimonio e della comunione fra coniugi». E questo è un vero pallino della pur sposatissima e inarrivabile Roberta, visto che siamo addirittura al tris di presentazioni.
Ma sarebbe sbagliato pensare solo a leggi pinottiane riciclate, visto che Roberta ha ideato anche una legge nuova come «Norme per il sostegno e la diffusione delle banche del tempo», relativa all'idea di scambiarsi il tempo: ad esempio, io dedico tot ore per cucinare per te e uso il credito maturato cedendolo a qualcuno che fa le pulizie per me.
E poi, dulcis in fundo, c'è la legge più genovese della lista proposta da Roberta Pinotti. Che è l'«Istituzione della giornata nazionale dell'inno d'Italia». Una norma semplicissima, di un solo articolo e due commi, anch'essa ereditata dal lavoro pinottiano della scorsa legislatura, che recita: «Il giorno 10 dicembre, anniversario della prima esecuzione pubblica dell'Inno di Mameli a Genova, è dichiarato giornata nazionale dell'Inno d'Italia. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono fissate le modalità delle celebrazioni annuali che devono, comunque, prevedere il carattere non festivo del giorno stesso».
E c'è pure un occhio, molto genovese, alle palanche. Tanto che ti immagini Roberta, solitamente elegantissima, con tutti i toni su tono al posto giusto, nelle vesti di casalinga mentre scrive la legge, con il mattarello in mano e il grembiule a coprirle una delle sue fantastiche mises: «Le celebrazioni di cui al presente articolo, sono realizzate nell'ambito delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».
Mica finita. Nella relazione introduttiva a questa legge, la Pinotti - più efficace di un sussidiario di un tempo e più precisa di Wikipedia, anche se per quest'ultima caratteristica non ci vuole moltissimo - spiega per filo e per segno la nascita genovese dell'Inno di due genovesi, Goffredo Mameli e Michele Novaro: «Esso nacque in un clima di fervore patriottico e fu eseguito per la prima volta in piazza Oregina il 10 dicembre 1847». Logica conseguenza pinottiana, il fatto che «celebrando la giornata nazionale», Genova sarebbe «riconosciuta città ufficiale dell'Inno nazionale».
Tutto bellissimo, quasi un sogno.

Peccato solo che il 22 marzo 2013, una settimana esatta dopo averlo presentato, forse contagiata da questo clima di neo-pauperismo portato dai grillini, «la senatrice Roberta Pinotti ha dichiarato di ritirare il disegno di legge Pinotti: “Istituzione della giornata nazionale dell'Inno d'Italia“».
L'Italia chiamò. La sventurata rispose.

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