La lezione infinita di Gaber ai finti intellettuali genovesi

(...) di domani». Mentre a Palazzo Madama, di fronte alla senatrice Pdl Alessandra Mussolini che gli poneva lo stesso problema, il capogruppo del MoVimento Cinque Stelle Vito Crimi ha scaricato Beppe: «Il post comparso sul blog, luogo extraparlamentare, è una responsabilità del signor Giuseppe Piero Grillo». Giuseppe Piero, già.
Insomma, con Gaber a «Giuseppe Piero» va decisamente meglio. Tanto che ha scritto: «Quando il pdmenoelle chiama, l'intellettuale risponde. Sempre! In fila per sei con il resto di due». E poi, per l'appunto, Gaber e il Grillo gaberiano: «Gli intellettuali sono razionali, lucidi, imparziali». Quasi in una trasfigurazione di Giorgio in Giuseppe Piero: «L'intellettuale non è mai sfiorato dal dubbio, sorretto da un intelletto fuori misura per i comuni mortali. Se si schiera lo fa per motivi etici, morali, umanistici su indicazione del partito». Mica finita: «La funzione principale degli intellettuali è quella di lanciare appelli. L'appello e l'intellettuale sono imprescindibili. Cosa sarebbe infatti un appello senza una lista di intellettuali che fanno a gara per essere primi firmatari?». E poi, come se si fosse davvero in una canzone di Gaber, Grillo spiega: «L'intellettuale italiano è in prevalenza di sinistra, dotato di buoni sentimenti e con una lungimiranza politica postdatata. Soprattutto, l'intellettuale non è mai sfiorato dal dubbio».
Insomma, grazie stavolta anche a Grillo, Genova diventa capitale dei gaberiani. Come lo è stata, di volta in volta, negli anni scorsi, ad esempio, con la scelta di un intellettuale vero e controcorrente come Beppe Quirici, collaboratore storico del miglior Ivano Fossati di sempre, come arrangiatore del suo penultimo disco e testamento spirituale. Non allineato e grandissimo. Talmente grande da essere praticamente snobbato dalla sua città persino dopo la sua morte. Non di sinistra, Beppe. Certo.
E poi, con il lavoro di Giorgio Gallione e del teatro dell'Archivolto. Un teatro che dovrebbe essere coccolato come si fa con i beni più cari, altro che tagliare i fondi o chiuderlo. Perchè, sul palco di Sampierdarena - in collaborazione con la Fondazione Giorgio Gaber, motore di tutti gli spettacoli che sto per citare - sono andate in scena le letture gaberiane di Claudio Bisio e di Neri Marcorè, di Eugenio Allegri e di Giulio Casale, e ancora di Marcorè insieme a Claudio Gioè, nel più riuscito di tutti: Eretici e corsari, il dialogo a distanza fra Gaber e Pier Paolo Pasolini, che dissero le stesse cose - devastanti e profetiche - senza parlarsi, senza conoscersi. Intellettuali. Intellettuali veri, intendo.
E questo parallelo fra PPP e Giorgio è tornato in queste sere nel bis dello spettacolo Gaber se fosse Gaber andato in scena sul palco del Duse grazie ad Andrea Scanzi. Scanzi non si è inventato nulla, però è stato onesto e caldo nel raccontare il «suo» Gaber (e il «suo» Sandro Luporini, indispensabile coautore), vincendo il mio pregiudizio sullo Scanzi televisivo e giornalista di cui non sempre condivido tutto, anzi. Invece, ne è venuto fuori uno spettacolo di cuore che - per una sera - ha riportato Giorgio a Genova. Così come l'avevano riportato, benissimo, e anch'essi sorprendenti, Luca e Paolo, mai così genovesi nel respirare la milanesità di Gaber, in Non contate su di noi, andato in scena la scorsa settimana al Politeama.
E così, in sette giorni, ancora una volta Genova è diventata capitale di Gaber. Fotografato perfettamente da Scanzi, con grande onestà intellettuale, così come già dal Casale di Polli d'allevamento, con la citazione integrale di Quando è moda è moda, che dell'intellettuale organico è la più bella stroncatura di sempre. Prima in modo leggero: «E visti alla distanza non siete poi tanto diversi/ dai piccolo-borghesi che offrono champagne e fanno i generosi/ che sanno divertirsi e fanno la fortuna e la vergogna/dei litorali più sperduti e delle grandi spiagge della Sardegna». E ancora: «E anche se è diverso il vostro grado di coscienza/quando è moda è moda non c'è nessuna differenza/fra quella del play-boy più sorpassato e più reazionario/a quella sublimata di fare una comune o un consultorio».

Su, su fino all'invettiva finale: «Sono diverso, sono polemico e violento/non ho nessun rispetto per la democrazia/e parlo molto male di prostitute e detenuti/ da quanto mi fa schifo chi ne fa dei miti/Di quelli che diranno che sono qualunquista non me ne fraga niente;/Non sono più compagno, nè femministaiolo militante,/mi fanno schifo le vostre animazioni, le ricerche popolari e le altre cazzate;/e finalmente non sopporto le vostre donne liberate/con cui voi discutete democraticamente/sono diverso perchè quando è merda è merda/non ha importanza la specificazione...».
Splendida lezione alla casta, vera stavolta, degli intellettuali de sinistra. Splendida lezione, ovunque. A Genova, di più.
(1-continua)

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