Liguria sul filo di lana: ogni singolo voto decisivo per la vittoria

Liguria sul filo di lana: ogni singolo voto  decisivo per la vittoria

(...) proprio a Genova, quando ha raccontato: «Ora serve lo sforzo di tutti, perché la partita si gioca sul filo dei voti: se avete un amico, un parente o un amante in Lombardia o in Veneto (ma lui parlava dalla Liguria, quindi il discorso è facilmente rovesciabile ndr), nel rush finale una telefonatina gliela farei...».
Proprio così. Perché col passare dei giorni il trend si sta sempre più delineando e, anche se non è possibile citare direttamente i sondaggi, chi li ha visti assicura che centrodestra e centrosinistra sono vicinissimi e, per qualche istituto, il sorpasso è già realtà. Se ci mettete pure che gli istituti demoscopici in questione non sono quelli di stretta osservanza berlusconiana, la partita si fa davvero interessante. Ribadisco: non solo al Senato per mutilare l'annunciata vittoria di Bersani e Vendola, ma proprio alla Camera per concorrere al premio di maggioranza. Che, fra l'altro, porterebbe una raffica di deputati liguri in più, del tutto inattesi.
Insomma, ogni voto - che va a finire nel calderone nazionale della Camera - conta davvero moltissimo, soprattutto se la partita si giocherà al fotofinish, un po' come è avvenuto nel 2006. E anche quell'anno ci fu una clamorosa rimonta di Berlusconi, vanificata solo da piccoli litigi e ripicche interne e dalla scelta sbagliata di far correre i Pensionati e alcune leghe dissidenti con il centrosinistra.
Ma, oltre ai sondaggi e ai richiami al funzionamento assurdo del Porcellum, c'è un altro sensore che dà la misura di quanto la coalizione di Berlusconi (in Liguria Pdl, Lega Nord, Fratelli d'Italia e La Destra) stia recuperando. Ed è parlare con gli elettori, anche quelli che fino a qualche tempo fa pensavano di disertare le urne o di votare altrove. Confesso che pure io facevo parte della categoria dei delusi, soprattutto per l'appoggio al governo Monti e per una politica appiattita sul rigore, giusto, ma non sullo sviluppo, sacrosanto. E che, se mi avessero detto solo tre o quattro mesi fa, che mi sarei trovato berlusconiano, mi sarei messo a ridere. Invece.
Invece, come ha detto benissimo Augusto Minzolini l'altra sera ad Albenga, la vera capacità di Berlusconi è stata quella di aver capito gli errori e, a partire dall'Imu e dalla composizione delle liste, di chiedere scusa con i fatti, non con le parole. Poi, Gigi Grillo - sempre più ammirevole per il fatto di lavorare ventre a terra per il partito anche se non è candidato, comportamento con cui sta dando una grande lezione di stile a moltissimi, dimostrando un grande senso estetico prima ancora che etico - ha spiegato le cose in termini economici, facendo un parallelo fra la situazione del 1992, quando lui era sottosegretario al Tesoro e la situazione era davvero disperata, e quella del 2011, quando lo Stato non ha mai rischiato sul serio il default. Quasi una lezione universitaria che ha ulteriormente arricchito la serata.
E l'entusiasmo con cui ha risposto la sala (idem a Spotorno, con un incontro voluto dal gruppo di Giacomo Pronzalino) - dove sono intervenuti anche Eugenio Minasso, Alessandro Gianmoena e moltissimi dirigenti locali, dal sindaco di Albenga Rosy Guanieri, al suo vice Massimiliano Nucera, al nostro amico Eraldo Ciangherotti - è la migliore risposta del popolo. Certo, poi c'ero io che faccio un altro mestiere, ma mi impegno per le battaglie in cui credo, e mancavano tanti che avrebbero dovuto esserci, ma forse non hanno proprio capito che il partito lo fa Berlusconi e lo fa il suo popolo. Nessun altro.
Il resto l'ha fatto Sandro Biasotti. Che, davvero, può tornare Biasotti. Nel senso di quello che, ad esempio, ha osato sfidare l'Ilva. Che non è la sfida della magistratura tarantina con provvedimenti tipo il sequestro dei coils già pronti, con il rischio che si deteriorassero. Ma è la sfida di dire che tutti quei metri quadrati, nel centro di Cornigliano, dovevano servire per la città e non per il residuo acciaio. È la sfida dei romantici e dei sognatori che hanno un'altra visione per Genova, simile in qualche modo a quella di Duccio Garrone quando disse, trent'anni fa, che a Cornigliano ci si poteva fare Eurodisney. Lo sbeffeggiarono. E così ci siamo persi il futuro di Genova.
Ma l'altra sera ho visto tornare quel Biasotti lì. Quello che sa essere leader («Dopo le elezioni faremo piazza pulita di tutti quelli che non si impegnano o che remano contro») e quello che, vincendo la sua indole tranquilla, si getta nella mischia. Quello che solletica le platee con battute divertenti e occhi dolci alle signore che se lo mangiano con gli occhi. Quello che può raccontare a testa alta il suo lavoro da governatore. Quello che, certo, ha sbagliato, e anche parecchio in questi anni.
Ma è anche quello che - e posso testimoniarlo personalmente - ha sempre accettato le critiche e qualche volta (non sempre) ne ha fatto tesoro, senza mai rispondere con arroganza, ma anzi ringraziando per le tirate d'orecchi che aiutano a crescere.


Quel Biasotti che, nonostante i suoi difetti, ha un grande seguito popolare, perché è percepito come una persona doc. Mi diceva l'altra sera al Soroptimist una bella signora, persona integerrima e gradevolissima: «Voterò Pdl, perché c'è capolista Biasotti, una persona perbene». Ha detto tutto lei.

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