(...) «Guardi, io sono rimasto in Parlamento tre mesi esatti. Ma, visto che erano quelli di fine legislatura, le sedute a cui ho potuto partecipare si contano sulle dita delle mani. Però...».
Però?
«...ho approfittato della mia esperienza a Montecitorio per parlare con esponenti di primo piano del mio partito per esporre, dal vivo, il problema di migliaia e migliaia di imprese».
Conflitto di interessi! Ahi, ahi, ahi.
«Il conflitto è quello di chi non paga il lavoro delle imprese. E penso che il primo passo - pur sapendo che l'Europa è il dominus di questa situazione - sia quello di darci un governo stabile e presto. È incredibile che, anzichè seguire la linea suggerita dal Pdl, si perda tempo con ipotesi di governo irreali, anzichè pensare ai problemi della gente».
Eppure, qualcosa è cambiato. Ora le pubbliche amministrazioni devono pagare entro sessanta giorni.
«Vero, ma questo riguarda le forniture successive al primo gennaio 2013, non il debito pregresso. È una situazione drammatica, di cui sia noi che i nostri dipendenti siamo vittime».
Venendo a cose più leggere, come ha vissuto il ruolo di parlamentare «più breve» della legislatura?
«Sa che mi hanno fregato? Altri due eletti in Sicilia, subentrati rispettivamente a un altro deputato regionale e a un membro di quello che è una specie di Tar siciliano».
E l'hanno fregata anche con la nuova norma pensionistica. Un tempo bastava un giorno di legislatura o anche solo subentrare prima dell'insediamento delle nuove Camere per prendere il vitalizio. Oggi invece ci vogliono cinque anni.
«Ovviamente, non era quello il mio problema. E sono contentissimo di aver fatto con spirito di servizio questa esperienza, anche se breve».
Cosa ha imparato da deputato-flash?
«Ad esempio che chi ha voglia di fare, lì può fare, soprattutto in commissione. Non è vero che non è possibile, ma dipende solo dalla qualità e dalla voglia dei deputati. Insomma, mi sono riconciliato con la buona politica».
Eppure non si è ricandidato.
«In Sicilia non c'era spazio, in Liguria nemmeno e fra più di trecento uscenti del Pdl ne sono rientrati poco più di novanta. Insomma, aspetto fiducioso la prossima volta. Perchè, credetemi, il Parlamento non è una brutta bestia e si può lavorare davvero bene».
Ma agli atti risulta che lei non ha mai preso la parola.
«Non c'è stato tempo, perchè le ultime sedute sono state le più convulse della legislatura, in cui si votavano provvedimenti a ritmo frenetico e non c'era tempo per parlare. Così come ho impiegato le prime settimane per imparare i meccanismi e quindi non ho presentato proposte di legge e interrogazioni».
Com'è stata l'accoglienza il primo giorno?
«Non me ne parli. Io sono stato proclamato alle 10,10. A mezzogiorno è entrato in aula Angelino Alfano a comunicarci che avremmo staccato la spina al governo Monti, pur senza farlo cadere. Da quel momento, ognuno ha pensato alle liste e al proprio futuro. Insomma, è stato un ingresso-choc».
E l'ultima seduta? C'era il clima da ultimo giorno di scuola?
«Mi ha colpito molto vedere gente che era in Parlamento da venti o più anni e sapeva che non ci sarebbe più tornata. Sembravano fantasmi».
Non era il suo caso.
«Certo non mi si può accusare di permanenze bibliche in Parlamento».
E le deputate? Lei in pochi giorni si è aggiudicato il titolo di «mister Parlamento». Nessuno nega che lei sia un bellissimo. L'hanno corteggiata, sperando di essere le subentranti rispetto alle sue ex storiche, da Stefania Orlando a Barbara D'Urso?
«Devo dire che sono stati tutti molto cortesi, uomini e donne, destra e sinistra. Anche se con così poco tempo, non c'è stato modo di instaurare vere amicizie».
Se dovesse salvare una cosa sola della sua vita da deputato, cosa si porterebbe via?
«La possibilità di toccare con mano e dall'interno situazioni che conoscevo solo indirettamente, come un orfanatrofio a Imperia e il carcere di Valle Armea, che ho ispezionato con il potere riconosciuto ai deputati, provando a migliorarlo con il cappellano e studiando il modo di fare arrivare libri. Anche solo per questo, ne sarebbe valsa la pena».
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