L'ultimo volo del mitico «comandante Fiore»

Ne aveva passate tante, in vita sua, uscendone sempre, perfettamente indenne, Fioravante Sbragi, per tutti: «il comandante», e per gli amici, semplicemente, «Fiore». Gli è stata fatale, ieri, un'emorragia cerebrale che, dopo quattro giorni di lotta, ne ha vinto il fisico prestante e, soprattutto, il cervello sempre vigile.
Fisico e cervello che gli avevano permesso, fino a pochi giorni fa, a 91 anni magnificamente portati, di pilotare aerei e anche l'azienda, la Compagnia generale aeronautica, di stanza al «Cristoforo Colombo» di Sestri. Era quello il suo regno, quasi per l'intera giornata, specialmente dopo che un destino crudele fino all'estremo, gli aveva strappato anni or sono il figlio, anch'egli pilota valentissimo, vittima d'un incidente mentre rientrava a Genova ai comandi del suo velivolo.
Non per questo, Fiore aveva rinunciato a volare e ad insegnare a volare, a varie generazioni di entusiasti che si affidavano al suo modo bonario di affrontare i problemi, cui non mancava mai però il rigore della didattica, in particolare dal punto di vista del massimo rispetto della sicurezza. Poi, certo, Fiore riusciva a ridimensionare anche le circostanze più difficili, le «intemperanze» delle ali e dei motori. Come quella volta in cui - lo raccontava con il suo solito sorriso - «stavo rientrando a Genova da Torino, e un guasto all'impianto elettrico aveva messo fuori uso radio e luci interne ed esterne del velivolo. Ho dovuto pilotare a vista, ma arrivando sopra il Cristoforo Colombo mi sono accorto che il carrello non si apriva. Sono planato sulla pista atterrando con la "pancia" dell'aereo...

, ma solo dopo aver chiuso i rubinetti della benzina per non rischiare l'incendio».
Te lo diceva così, Fiore, come se fosse una cosa normale. Per il «comandante», in fondo, era sempre così. Finché, ieri, è volato più in alto di quanto era sempre stato bravissimo a fare.

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