(...) In tutto questo, quando mancano solo dieci giorni alla fine della legislatura, vi raccontiamo cosa hanno fatto i parlamentari liguri e tutti i cambiamenti avvenuti nei gruppi di Camera e Senato. Alcuni assolutamente legittimi, altri quasi surreali. Su tutti, quelli di coloro eletti sotto il simbolo «Berlusconi presidente» e poi finiti a votare la sfiducia dura e pura contro Berlusconi.Ma andiamo per ordine e partiamo dal turn over fisiologico, quello non dovuto ai cambi di casacca e al trasformismo parlamentare. È il caso, alla Camera, di Giovanna Melandri - eletta in Liguria (sic), poi chiamata a guidare il museo d'arte contemporanea Maxxi e quindi dimessasi per lasciare spazio a Lorenzo Forcieri, che sarebbe stato molto meglio vedere a Montecitorio fin dall'inizio. Oppure, per il Pdl, è il caso di Pier Paolo Pizzimbone, deputato ligurissimo, ma subentrato in Sicilia a Antonino Germanà: entrato il 7 dicembre, alla fine avrà totalizzato poco più di tre mesi da parlamentare, pur contando le sedute sulle dita delle mani. O, ancora, al secondo seggio della Lega Nord in Liguria, il più tormentato della storia. Optando per altre regioni, Umberto Bossi ha lasciato la strada libera a Maurizio Balocchi, che poi però è morto. Quindi è entrato Edoardo Rixi, rimasto però a Roma meno di quattro mesi, per onorare il suo impegno in Regione con i cittadini liguri. Scelta che gli fa moltissimo onore. E che ha spianato la strada a Gian Carlo Di Vizia e alla sua capigliatura dadaista.
Fin qui, però, dicevamo, siamo nel turn over. Niente in confronto alla collezione Dolce & Voltagabbana, che ha avuto i modelli migliori in Enrico Musso al Senato e Gabriella Mondello alla Camera: dal Pdl berlusconiano al terzo polo antiberlusconiano. Gabriella è passata direttamente dal gruppo Pdl a quello Udc; Enrico ha passato un giro al Gruppo Misto, per poi aderire da liberale al gruppo che - dopo cinque variazioni di nome, fra cui il passaggio dalla componente «Io Sud» a quella «Verso Nord» - oggi si chiama: «Unione di Centro, SVP e Autonomie (Union Valdôtaine, MAIE, Verso Nord, Movimento Repubblicani Europei, Partito Liberale Italiano, Partito Socialista Italiano», con meno senatori aderenti che parole nel nome.
È lo stesso gruppo a cui ha aderito Claudio Guastavino, provenendo dal Pd. Mentre, sempre a Palazzo Madama, e sempre nel Pd ligure, che ha perso per strada due senatori su tre eletti, Luigi Lusi suo malgrado ha firmato un altro record. Quello di essere finito nel gruppo misto non per scelta, ma per espulsione, propedeutica all'arresto che ne ha fatto il primo senatore della storia d'Italia a finire in carcere.
A finire questa sfilata di cambi di casacca in corsa ci sono poi Giovanni Paladini, trasmigrato dall'Italia dei Valori al micro-partito del suo ex capogruppo Massimo Donadi, che si chiama Diritti e Libertà, non senza essersi fatto una settimana da apolide del gruppo misto di Montecitorio. E un deputato che non è eletto in Liguria, come Maurizio Grassano, ma che è di Novi Ligure. Stendendo un pietoso velo sulle sue vicende giudiziarie, oggi ci occupiamo del suo percorso parlamentare, dopo il suo ingresso a Montecitorio in sostituzione di Roberto Cota, eletto governatore del Piemonte. La Lega, che l'aveva candidato, non volle più saperne, proprio per le inchieste in cui era coinvolto, e lui si iscrisse al misto, ma misto davvero, la terra di nessuno dei deputati senza gruppo, resistendoci tre settimane. Dopo di che, nei sei mesi successivi, Grassano è rimasto sì nel misto, ma aderendo alla componente «Liberaldemocratici-MAIE», dove il MAIE è il Movimento associativo italiani all'estero che abbiamo già incontrato nel gruppo di Musso al Senato. Ma dura sei mesi quando - per quasi un anno e mezzo - Grassano aderisce a «Popolo e territorio», gli ex responsabili che comprendono «Noi Sud-Libertà ed autonomia-Popolari d'Italia domani-Pid, Movimento di responsabilità nazionale-Mrn, Azione Popolare, Alleanza di Centro-Adc, La Discussione». Salvo poi mollare cotanta compagnia per tornare una settimana nel misto-misto e poi nel Misto-Iniziativa Liberale. Insomma, lui il «senza vincolo di mandato» l'ha preso in senso letterale.
Certo, la frase di Grillo su chi «vuole fare come cazzo gli pare» non sarà finissima. Però rende bene l'idea.
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