«Nostalgia dell'automobilina Marga»

Il ricordo delle cose perdute, che Lussana ci ha stimolato con la recensione del libro di Guccini, è, per noi, nati alla fine degli anni Quaranta, un vero fiume in piena fatto di cose, di persone, di situazioni, di sensazioni. A pensarci bene, chi è cresciuto negli anni Cinquanta del Novecento, maturato nei Settanta, fattosi adulto ed invecchiato nel nuovo millennio ha assistito ad una serie di cambiamenti in qualunque settore della vita umana, che in nessun altro secolo si furono mai verificati. Un bambino che nasceva, ad esempio, agli inizi del Quattrocento e moriva presumibilmente entro la fine del secolo, avrebbe avuto minimi cambiamenti nelle sue condizioni di vita; avrebbe assistito a minime variazioni nelle sue abitudini, nell'ambiente che lo circondava. E così nei secoli successivi sino appunto al Novecento. In questo secolo, ed in particolare nella sua seconda metà, abbiamo assistito invece a scoperte scientifiche che hanno cambiato usi e comportamenti dell'uomo, abbiamo visto mutamenti dell'ambiente in cui viviamo, dalla casa, al paese alla città. E tutto ciò sta diventando una corsa sempre più rapida, in pochi anni nascono e scompaiono le cose più disparate andando ad arricchire quel bagaglio di cose perdute di cui si parlava. Un bagaglio che comincia dagli anni della prima infanzia quando, per stare in casa, ai bambini si metteva «o rôbin» un grembiulino che taluni confezionavano addirittura con i sacchi di tela della pasta e del riso che i negozianti regalavano alle massaie. Sì perché allora la pasta era venduta sfusa e incartata «in to papé de strassa» la carta straccia oggi ormai scomparsa. Come pure è sono scomparse la carta gialla nella quale il macellaio fasciava le bistecche e la carta viola, detta appunto carta zucchero, dove il droghiere ti vendeva il chilo di zucchero. Anche i droghieri sono scomparsi. A Genova sopravvive uno dei pochissimi, Viganego in via Colombo. A Bogliasco andavamo dal «Bianco», Eugenio Sessarego e poi suo figlio Armando. Il negozio del droghiere era per noi bambini un mondo affascinante dove i primi a colpirti erano i profumi che quella bottega al suo interno emanava. I profumi esotici della cannella, delle bacche di vaniglia o del cacao, oppure l'aroma del caffè che Armando tutti i martedì tostava nel cortiletto accanto alla drogheria. Quella drogheria dove andavamo a comprare i «pescetti» di liquirizia, dieci lire alla volta o i «big ball gum» enormi «ciungai» (così chiamavamo la gomma da masticare) colorati in rosa. Nelle cose perdute, ma che ho conservato, è l'automobilina di latta pubblicità della cera Marga, forse il primo giocattolo posseduto. Come pure conservo, ovviamente solo nel ricordo, il grido dello straccivendolo che passava ogni settimana prima a piedi con un grande sacco di juta sulle spalle, poi con un carro che spingeva a mano: lo ritrovai sul finire degli anni Settanta tra i soci più benemeriti del Gruppo Alpini di Nervi. A lui consegnavamo il ferro vecchio, i tubi di piombo o di rame che da ragazzini si raccoglieva in giro, ricavandone i pochi soldi per qualche pacchetto di figurine, o per comprare «Il Monello» e «L'Intrepido» due giornalini editi dai Fratelli Del Duca la cui pubblicazione era iniziata negli anni Trenta e finì negli anni Novanta: altri due oggetti da collocare nelle cose perdute.
E perché non collocare nelle cose perdute quelle strade e quelle case che nella nostra infanzia avevamo tutti i giorni sotto gli occhi, o le percorrevamo. Non parlo solo di Genova, dove interi quartieri sono andati ad arricchire le cose perdute (e magari le tasche di chi ha ricostruito...); i miei ricordi sono limitati al paese natìo, dove c'era «a stradda do sciùmme» con uno splendido filare di ippocastani, meta di corse e di giochi, oggi scomparsa con la copertura del torrente; oppure la casetta di «Gosto» piccola casa contadina circondata da orti e agrumi oggi diventata un grande condominio.

Nei suoi pressi c'erano i campi da bocce, dove tutti i giorni decine di pensionati disputavano interminabili partite, attorniati da altrettanti pensionati spettatori. Anche questo gioco, che fu pure sport prestigioso, almeno a Bogliasco, è inesorabilmente perduto.

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