L'avevamo tanto desiderato. Ci avevamo sperato. Siamo rimasti in attesa di questo momento per tre anni. Tre anni a fare tutto da soli. Chi desiderava un maschio e chi una femmina. Ma la cosa più importante era che arrivasse, finalmente. Gli uomini, si sa, preferiscono le femmine. E quando si è saputo che a settembre sarebbe arrivata, insieme alla gioia è cresciuta anche la paura, l'ansia. «Come sarà?», ci si chiedeva continuamente. Dolce e affettuosa, oppure rompiscatole? Magari una che urla dalla mattina alla sera e non le va mai bene niente. «State tranquilli!», ci rassicurava col suo solito fatalismo Emma, la collega di religione. «Ha due occhi stupendi, scuri e profondi», «Sorride a tutti», «Ha un sacco di capelli neri e lunghissimi», «Ha un'eleganza innata» erano i commenti di chi aveva avuto modo di vederla per primo. E poi il nome, Isabella! Che a dire di tutti «è altissima di suo». Perché quando Isabella, la nuova dirigente scolastica, si è presentata al primo collegio docenti di inizio anno scolastico con tacchi a spillo da 12 centimetri, le colleghe in sala hanno iniziato a girarsi, a guardarsi. E soprattutto a confrontarsi con la nuova arrivata messa sotto osservazione dalla testa ai piedi. Dagli stivali stretti al polpaccio, alle onde della gonna drappeggiata appena sopra le ginocchia su su fino alla blusa ampia che le avvolgeva i fianchi in modo a tratti sbarazzino. Insomma, una scansione totale della Preside che spiegava: «La nostra scuola è in crisi. Ho analizzato la situazione storica delle iscrizioni e negli ultimi anni ho notato un lieve ma continuo calo del numero degli alunni. È un fenomeno comune a tutte le scuole di Genova ma che per il nostro istituto può significare la chiusura e l'accorpamento ad altre scuole». «Insomma, la sfida che dobbiamo raccogliere nei prossimi anni è quella tra vivere o morire e per vivere - non ha dubbi la Preside - dobbiamo far conoscere le cose bellissime che fate e migliorare l'immagine della scuola».
Detto, fatto! Ma quale immagine? Il giorno dopo Lisa, la segretaria, sfoggia un voile a fiori dai colori provenzali mentre la collega, Maria Grazia, se la gioca con un tubino nero e scollato stretto in vita da una cintura dorata. La collega di inglese, soprannominata Mrs Brown per la più assoluta mancanza di varietà dei colori indossati, tradisce per la prima volta lo stile rigorosamente anglosassone a favore di «uno chiffon animalier» vivacizzato da una vistosa collana etnica che ondeggia sull'inaspettato petto che in una notte sembra lievitato di due misure a dispetto della prof Tripanni che di suo non ha un granché da reggere. Ma la collega di matematica e scienze non si dà per vinta e per la prima volta abbandona il vestitino bordeaux alla Margherita Hack e applica la legge della compensazione mostrando schiena e spalle abbronzate attraverso un «monospalla» elasticizzato che fa capire subito che lei il reggiseno non lo porta proprio. «Dove sono finite le mie colleghe sciatte e malvestite?», mi chiedo mentre Maria, una maestra delle elementari mi si avvicina e fa scivolare con un sorrisino: «Quest'anno mi sa che ti vedremo fare il galletto più del solito». «Ti trovo bene», la saluto mentre la guardo: «tanto con lei non c'è speranza».
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