Quando Beppe Grillo andava al circolo dove l'ingresso era «vietato ai valligiani»

(...) è il fatto che tutti i cari amici che avevo criticato - fedele alla linea che agli amici si dice tutto, anche e soprattutto ciò che non va - hanno risposto, portando le loro testimonianze. Domani interverranno con i loto testi Gianni Plinio e Giorgio Bornacin che si sono già prenotati, oggi potete leggere quelle del capogruppo in Regione Marco Melgrati e quella del vicepresidente del consiglio regionale Gino Morgillo, a cui rendo volentieri atto della partecipazione e dell'organizzazione delle manifestazioni che lui cita, che però non erano state comunicate alla nostra redazione. Così come gli rendo volentieri atto che, in molti casi, c'è stata una sorta di conventio ad excludendum, dell'anima scandrogliana nei confronti degli scajolani che gli ha impedito di partecipare. Ma anche viceversa. Qui non si tratta di dire che una fazione è buona e l'altra cattiva, ma che hanno perso tutte e due e devono andare a casa tutte e due. Mentre, ancora ieri, alcuni esternatori scajoliani continuavano ad insistere sul «Signora mia, quando c'era lui, sì che i treni elettorali arrivavano in orario...». Se qualcuno fra gli instancabili dichiaratori (mai contro il Pd o Grillo, ma sempre contro i propri compagni di partito, sic) non ha ancora capito che ogni singolo voto è merito di Silvio Berlusconi e basta, forse non è proprio un genio della politica. Detto tutto questo e detto che continueremo a pubblicare gli interventi, che sono tantissimi, nei prossimi giorni, finalmente si torna a parlare di politica. Finalmente si fa quello che nelle sedi di partito è vietato: discutere civilmente. Di programmi, di leadership anche, di politica, di futuro. Non di poltrone o di mutande. Ma è possibile che per parlare di tutto questo ci voglia un giornale e il Giornale anzichè le sedi di partito?
Vedete, non ho particolari simpatie per il MoVimento Cinque Stelle o per Beppe Grillo. Ma ci sono alcune cose da cui i dirigenti del centrodestra ligure hanno tutto da imparare. Cerco di fare solo la lista minima, a partire dall'ascolto delle persone: c'è differenza fra la scelta (magari ipocrita, magari buonista, magari ostentata) di fare entrare in casa il piccolo imprenditore sfrattato per ascoltarlo e alcune parate imbarazzanti di scorte ed autoblù degne di un altro millennio. Se non si capisce questo, se non si capisce che è meglio evitare tutte queste ostentazioni, allora non si è capito nulla. E, soprattutto, anche per quanto riguarda il contatto con la gente, c'è solo da imparare da Berlusconi, anche senza uscire dal proprio partito.
Andiamo avanti. Quando ho visto le migliaia e migliaia di persone che assiepavano piazza De Ferrari due domeniche fa, ho davvero invidiato quel movimento di popolo. Che, magari, in parte, era lì per assistere allo spettacolo gratuito di Grillo. Ma, a costo di mettere insieme solo cento persone o anche meno, mi piacerebbe vedere un centrodestra che ripartisse dalle piazze, dai comizi, dalla gente, dai palchi, uscendo dagli alberghi e dai bar. Magari si potrebbe iniziare da piazza Leonardo da Vinci, ad Albaro, che è sterminata e che anche stavolta non ha tradito il Pdl.


Altrimenti, si dà ragione a Grillo quando dice che, per chi non capisce che è cambiato il mondo e continua a parlare di formule vuote, in politichese, di coordinamenti provinciali, di correnti e di truppe di questo e quell'altro, non resta che lo psichiatra. Il mondo c'è, ma è fuori. Solo che, in tanti, continuano a guardarsi l'ombelico. Pensando che sia l'ombelico del mondo.

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