Non ci vuol credere nessuno, eppure loro, la «mitica» coppia Silvana e Gianni Barbieri - uno dei sodalizi più felici del mondo in famiglia e in cucina, cioè ai fornelli dell'«Ostaia da Ü Santü» - pare che abbiano detto stop. Con la scusa: «Semo vegi...». Pareva d'ascoltare l'inno nazionale di Genova, Ma se ghe pensu, quando il padre dice al figlio: «Son vegio, no conven». Ma che vegio e vegio! Gianni non ha ancora compiuto quattro volte vent'anni, e Silvana, se non è più giovane di lui, è ancora più in gamba. E poi, tutti e due sono sempre all'altezza di fare un cappon magro che levati, e dei friscieu di bianchetti o di cipolline dell'orto che non ce ne sono altri. Per non parlare - e invece parliamone e, se possibile, mangiamone anche! - dei deliziosi taglierini al sugo del Santo (un ragù di verdure stagionali), o dei cassuoli al pesto di basilico dell'orto. E gli incontentabili fra noi, ma sempre fissati della tradizione, eccoli serviti con stoccafisso noci e pinoli, cima genovese, trippa in umido e - udite, udite, e poi, mi raccomando, fate la zuppetta! - quella delizia che risponde al nome di «minestra di trippa alla sbira».
Comunque, non mancano quasi mai in tavola (a meno che non si arrivi in ritardo) coniglio in arrosto al rosmarino, agnello con i carciofi e altre specialità speciali come zemin di ceci, minestrone alla genovese, riso mantecato al pesto, ravioli e pansotti con sugo di noci. Loro due, Silvana e Gianni, insistono che certi piatti «non si posso perdere assolutamente». E il bello è che hanno ragione loro. Che, non dimentichiamo, se la cavano bene anche col pesce, tipo: seppie in umido con piselli, acciughe in insalata ripiene e fritte, e un sontuoso, nobilissimo Cappon magro, che non fa figura soltanto in fotografia. Potevano mancare i dolci fatti in casa? No. Ecco un indizio, a meno che non siate come me che, magari sto leggero prima, ma queste me le faccio tutte: le crostate, intendo. Di pere, mele o frutta fresca.
E voi pensate che si possa lasciar andare in pensione gente così, che ti prepara questi piatti, o meglio: che ti induce in tentazione con tutti i sapori dell'onesto peccato? Ma neanche per idea! Silvana e Gianni potranno, al massimo, prendersi un paio di settimane di riposo, giusto il tempo che gente come noi, che siamo «di quelli che la cucina è la prima espressione della cultura del territorio», se ne vadano a loro volta in vacanza.
Ma al ritorno dalle fatiche delle ferie, che diamine!, loro due ci devono essere ad aspettarci in quel tempio laico della bontà che è «Ostaia da Ü Santü» (a proposito: è sopra Voltri, a poca distanza del Santuario di Nostra Signora delle Grazie, «in un antico casolare, un piccolo angolo di verde, con un grande pergolato»; chiuso domenica sera, lunedì e martedì).
Allora siamo intesi, cari Silvana e Gianni Barbieri. Io, intanto, comincio ad avvertire il buon Stefano Lorenzetto che si preoccupava. E voi, magari, mettete su la sbira.
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