Dicono che lui sia l'allodola che scrive al mattino. Lei invece è la civetta, che si ispira con la notte. Maurizio Lanteri e Lilli Luini a dispetto dell'orologio e dei rispettivi bioritmi sono un'affiatata, sebbene eterogenea coppia di scrittori: il primo, pediatra ad Albenga, ama il mare e la natura, mentre la seconda, che abita sul lago Maggiore e lavora in campo finanziario, predilige il caos delle metropoli che lui rifugge. In comune hanno il sesto romanzo giallo, «La cappella dei Penitenti Grigi» edito dalla Nord e appena uscito in libreria.
Una coppia collaudata ormai...
«Il rapporto con Lilli è di vecchia data, sono quasi dieci anni che ci conosciamo e altrettanto che scriviamo insieme, questo è il nostro sesto libro, anche il primo con un editore di prima fascia. I precedenti sono decisamente noir del genere mediterraneo, sulla società contemporanea, quasi tutti ambientati in Liguria. Sono stati editi da Frilli i primi, poi da Todaro. Adesso siamo approdati alla Nord con questo libro che è leggermente diverso dai primi, ma ha un'importante componente storica e thriller».
Più impegnativo, dunque, proprio per le ricerche storiche che lo sostengono.
«Bè, sì. Noi preferiamo restare aderenti a situazioni reali, ma raccogliere materiale è la parte in cui noi ci divertiamo di più perché conosciamo cose nuove, visitiamo posti nuovi. Abbiamo bisogno di sentirli, i luoghi, prima di poterne parlare. La fase preparatoria è quella in cui ci divertiamo davvero».
Qui siamo in Francia.
«Il libro è nato dalla nostra passione comune per la Camargue, dove sono andato per la prima volta io, attirato soprattutto dagli aspetti naturalistici: mi aspettavo fenicotteri, tori e cavalli, invece per caso mi sono imbattuto in Aigues-Mortes, città medievale veramente impressionante che ha un alone sinistro naturale. L'ho visitata con la mia famiglia, abbiamo visto i monumenti famosi, poi abbiamo trovato una cappella che si trovava in condizioni deplorevoli. Abbandonata a se stessa, erbacce incolte, cancello arrugginito... e siccome queste anomalie incuriosiscono, abbiamo chiesto di visitarla, ma in tre anni di seguito non siamo mai riusciti».
Voilà, il mistero.
«Troppe le scuse che ci presentavano: prima era pericolante, poi c'erano lavori in corso, poi non era il mese giusto perché era aperta solo in alcuni mesi e non in altri, per cui noi... sì, abbiamo subito pensato al mistero».
E poi?
«Una grossa spinta ce l'ha data la scoperta su Internet di un sito che parlava della cappella e dei penitenti e che dava alcune sommarie informazioni sia sull'interno, sia sulla confraternita. Inoltre dava appuntamento a un libro che era in vendita ad Aigues-Mortes, ma quando siamo andati a cercarlo ci hanno detto che il libro non esisteva. E al ritorno a casa era sparito anche il sito internet».
Il giallo era servito.
«A quel punto siamo partiti in quarta e abbiamo scritto il libro e solo quando eravamo alla seconda revisione siamo riusciti a entrare: è intervenuta mia moglie che è uno spirito pratico, ha scritto all'ufficio turistico locale, e siamo riusciti a entrare. La prima cosa che abbiamo visto entrando era la una pila di libri in un angolo, erano i famosi libri inesistenti. Poi abbiamo scritto e finito il libro, sperando che la cappella non abbia i segreti di cui abbiamo scritto noi».
Lei ad Albenga, Lilli sul Lago Maggiore: come fate a scrivere insieme?
«Ci siamo conosciuti su un sito internet di scrittori esordienti in cui si inviano i libri in lettura anonima e si ricevono in anonimo anche i commenti di tre colleghi. Io ho ricevuto per caso, appena mi sono iscritto, il libro di Lilli. Ho capito subito che si trattava del libro di una donna, quando io le ho mandato il mio commento lei si è arrabbiata tantissimo...».
Un buon inizio direi...
«Si era trovata tre righe di complimenti e tre pagine di critiche, per cui si è inalberata. Poi le ho chiesto di uscire dall'anonimato perché avevo l'idea di scrivere un libro a due voci un uomo e una donna, due voci narranti, due punti di vista. Era semplice perché uno scriveva un capitolo, l'altro lo riceveva scriveva la sua parte e la storia proseguiva. Il sistema l'abbiamo affinato col tempo perché un'affinità c'era già in partenza, come background culturale, studi in comune, cose che ci piacevano».
Come nasce l'idea di una storia?
«Ne parliamo tantissimo fino a convincerci che dietro quell'idea ci può stare un libro. Pensiamo ai personaggi principali, definiamo di questi personaggi un grosso background, anche cose che magari poi nel libro non compariranno, fino a conoscerli profondamente entrambi molto bene e poi partiamo da una scena iniziale che ci colpisce. Per esempio la prima scena del libro è quella in cui Fabienne non riesce a entrare nella cappella».
Le vostre famiglie non sono gelose della vostra affinità, della vostra sintonia?
«Ormai le nostre famiglie sono molto amiche: passiamo insieme capodanno, i nostri figli si conoscono anche se sono di età un po' diverse... rispondendo con le parole di mia moglie lei paga Lilli per tenermi occupato (ride)... anche tra le famiglie c'è grande sintonia»
Le piacerebbe che questo libro diventasse un film e chi vedrebbe come protagonista
«Ovviamente sarebbe un sogno, ma così a naso ci vorrebbe un bel budget, per i luoghi che vengono toccati: i personaggi sono tanti e non è così facile trovare un interprete per tutti, ogni tanto ne parlo con mia moglie e tutte le volte cambiamo le scelte.
Certo. Intanto i lettori possono sognare con un bel thriller che li farà correre fino all'ultima pagina.
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