Se Marco Doria diventa l'eroe dei paladini della decrescita

(...) non avesse smentito le frizioni con Doria. Perchè «Felici di crescere», organizzato dal presidente della Regione sabato, già a partire dal titolo, era qualcosa di buono e giusto. Poi, certo, il convegno, come ha ben spiegato il nostro Ferruccio Repetti, ha sì segnato la crescita esponenziale di qualcuno e qualcosa. Ma non si trattava dell'economia nazionale e nemmeno di quella ligure o genovese, ma più minimalisticamente a crescere sono state la forza politica e la credibilità economica di Claudio Burlando. Insomma, se esistesse un Pil del «pianeta Burlando», il convegno l'avrebbe fatto crescere moltissimo. Questo, al di là dell'effettiva utilità. Anche perchè - come ha giustamente notato Ignazio Messina, uno degli imprenditori più attenti e capaci, di cui sono orgoglioso di essere amico, anche perchè il suo gruppo è uno dei pochissimi ad aver dimostrato coi fatti e con l'acquisto di nuove navi ro-ro portacontainer che crescere, davvero, si può - si è citata spessissimo la parola «crescita», ma non sono state citate praticamente mai ricette per crescere.
Insomma, tantissimo fumo e poco arrosto. Eppure, fosse stato anche solo per il titolo e per la visibilità del convegno, Burlando avrebbe vinto. Una frase come «dobbiamo reagire all'idea che questo Paese si rassegni. Oggi c'è chi teorizza questa rassegnazione, ma io non credo alla felicità della decrescita», vale la giornata. E poi dell'incontro del Ducale si è parlato talmente tanto, soprattutto in rapporto ai contenuti effettivi che, se il governatore dovesse pagare a cottimo la sua efficientissima responsabile della comunicazione Anna Costantini riconoscendole una percentuale per ogni citazione del convegno avuta su qualsiasi tipo di media, la Regione dichiarerebbe immediatamente il default. E a rendere vincitore Burlando, anche al di là degli effettivi meriti del presidente della Regione Liguria, è soprattutto il confronto con le parole del sindaco di Genova Marco Doria. Come dire che, in mezzo a un mondo di persone che non vedono la realtà dell'economia, anche chi se ne rende conto almeno con un occhio solo, come il governatore, passa come un eroe.
Il primo cittadino di Genova, invece, sembra legato a un altro mondo. Quello a cavallo fra una vecchia sinistra e il MoVimento Cinque Stelle, con frasi sul Terzo Valico che suonano più come paletti che come benedizioni. Roba tipo: «Giusto puntare sul trasporto su rotaia, purchè inserito in una visione complessiva che contenga novità», che Burlando ha avuto gioco facile a rintuzzare: «Difficile immaginare che si possa fare una battaglia contro le ferrovie in nome dell'ambiente».
Insomma, siamo alla solita storia delle due sinistre. Incompatibili fra loro. E Doria sembra più vicino ai tre deputati pentastellati liguri che hanno spiegato che avrebbero preferito andare in Val di Susa a protestare contro la Tav piuttosto che al Ducale a parlare di sviluppo. Non a caso, il sindaco ieri ha incassato gli applausi della sezione ligure del Wwf, di Legambiente Liguria, del club «Genova-Milano» e dei pendolari del Ponente: «Il Terzo Valico non solo non porta lavoro, ma danneggia i territori, compromette l'ambiente e non risolve i problemi di pendolari e merci», «non possiamo che concordare con Marco Doria sul fatto che il Terzo Valico non “salva“ Genova, e lo invitiamo a riflettere anche sul fatto che, al contrario, la danneggia, direttamente ed indirettamente».
Posizione a mio parere sbagliatissima, ma legittima.

Quello che non è legittimo è che chi parla di crescita stia in giunte e coalizioni insieme a chi dice queste cose. O con i comitati del no, o con la crescita. Tertium non datur. Soprattutto, così, tertium valicum non datur.

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