Sequestro Calevo: ora gli inquirenti cercano la mente

I giorni della paura sono finiti per il giovane imprenditore spezzino Andrea Calevo che, dopo i quindici giorni di prigionia in mano a una banda di improvvisati sequestratori, ora sta riprendendo in mano la propria vita. Ma se da una parte si tenta di tornare alla normalità, da un'altra il lavoro investigativo è senza sosta. Le indagini della Procura distrettuale antimafia e dei vari team di investigatori procedono e ogni giorno si arricchiscono di nuovi elementi. Ora il capo del gruppo che assaltò la villa dei Calevo, sulle alture di Lerici rapendo l'imprenditore e rapinando la casa, ha un nome. Si tratta un altro albanese, il terzo del gruppo, Emiliano Shot, che tre giorni dopo il sequestro partì in aereo da Pisa per tornare in Albania. Era lui a guidare gli altri quattro che la sera del 16 dicembre sequestrarono Andrea Calevo. Dalla ricostruzione degli inquirenti il commando in azione quella sera era composto da quattro cittadini albanesi: i due arrestati, Simon Halilaj e Fabjion Vila, Emiliano Shota e un quarto uomo indicato come Terti ed anche quest'ultimo sarebbe già fuggito in Albania, non sarebbero invece stati presenti i due capi, nonno e nipote, che invece aspettavano l'ostaggio nella zona vicino il fiume Magra. Il caso del sequestro di Andrea Calevo è tutt'altro che chiuso, l'indagine prosegue e sembra che ogni giorno vi possa essere una nuova svolta. Intanto si cerca la donna la cui voce è stata udita più volte dal sequestrato durante la prigionia, sarebbe stata presente assieme al cattivo della banda, cioè a quel Davide Bandoni che sul suo profilo Facebook scriveva «meglio un giorno da leone che 100 da pecora» e che nella realtà voleva tagliare un dito all'ostaggio. Ma per gli inquirenti dietro a questi ragazzini esaltati, bulli di periferia, ci deve essere stata una mente più raffinata, un qualcuno che sapeva chi colpire e che vittima scegliere. Non si tratterebbe però del vecchio della banda, cioè di Pierluigi Destri, ma di qualcun altro a lui legato. Si ritorna così a parlare della vicenda giudiziaria che vide protagonista, qualche anno fa, lo stesso Destri con il cugino Carlo Antola, ottantenne, che allora era avvocato. Entrambi furono processati in una storia collegata alla concussione di cui fu vittima, nel 2005, un costruttore costretto a pagare per sanare degli abusi edilizi un vigile e un funzionario del Comune di Ameglia. Allora il tramite furono la coppia Destri-Antola. La vicenda è arrivata a sentenza definitiva, in Cassazione, lo scorso 8 novembre, con la condanna della coppia a due anni di reclusione.

Secondo gli inquirenti il riscatto di 8 milioni di euro potrebbe essere stato destinato per finanziare la fuga all'estero.
Ancora da ricostruire, ed anche in questo casi si pensa ad una donna, il ruolo di una sorta di basista che avrebbe dato informazioni fatto da palo.

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