Come nel calendario dell’Avvento a ogni giorno è assegnata una finestrella che nasconde un cioccolatino, così in questo sfortunato ottobre ogni giorno del calendario sembra nascondere la sua manifestazione, che cela o un pericolo o un’idea sbagliata. Appena archiviata la follia dei black bloc, passata anche la molto più tranquilla manifestazione di ieri della Fiom ecco avvicinarsi la prossima protesta contro la Tav in val di Susa. Le premesse non sono le migliori dato che nei siti no tav si additano le forze dell’ordine come«truppe al soldo di faccendieri e mafiosi».
Ci sarebbe di che sbattere la testa contro il muro: e sì che di pretesti per manifestare il governo ne avrebbe forniti molti, tipo una protesta contro le troppe tasse o simili, invece niente, anzi, ci rimangono gli antagonisti che si devono inventare espedienti per i loro cortei. Di tutte le ragioni per manifestare la Tav dovrebbe essere l’ultima, anzi, si dovrebbe protestare perché non si sbrigano ad espandere i cantieri, a mettere più persone al lavoro, a scavare più velocemente per raggiungere il traforo francese dove, da troppo tempo, gli operai transalpini stannopicchiettando impazienti con le dita sulla roccia aspettando che noi si faccia la nostra parte.
Abbaiare contro la crisi è lo stesso che maledire la pioggia,non serve a nulla:l’unico antidoto è il lavoro e protestare contro un cantiere già aperto e per di più in parte finanziato dall’Europa è quanto vi sia di più simile, economicamente parlando, a un suicidio. Anche andando oltre l’evidente dito nell’occhio alla libertà di impresa, nel caso non si fosse capito va ricordato che i soldi sono finiti: in passato, quando c’era la lira, si stampavano, «comprandosi» la crescita al prezzo nascosto dell’inflazione e della svalutazione.
Dopo si è cominciato a prenderli a prestito, finanziando il welfare e le attività improduttive (quali ad esempio quei «nuovi traghetti » invocati come gran proposta ieri dalla Fiom e che già sono stati costruiti per essere poi posti a marcire nei porti) con l’espansione del debito pubblico a carico delle future generazioni. Adesso i soldi non si stampano più e di debito ne abbiamo fin troppo.L’unico modo per uscirne è quello di usare ogni centesimo disponibile per lavorare e produrre qualcosa di utile.
Le leggi economiche sono chiarissime: per «consumare» il debito in modo non traumatico, quindi senza tagli e tasse insostenibili (sul modello greco per intenderci) occorre un minimo di creazione di moneta e di inflazione. Per quanto riguarda la nuova moneta, abbastanza in silenzio, ma siamo sulla strada giusta grazie agli acquisti del nostro debito pubblico da parte della Bce iniziati quest’estate che hanno fermato l’emorragia provocata dal panico a dal crollo dei mercati finanziari. Manca giusto un pochino di inflazione, checché ne pensi la signora Merkel che, purtroppo, di questa crisi non ha evidentemente capito nulla sin dall’inizio.
Il problema però è che un’altra legge economica dice che l’inflazione non va d’accordo con la disoccupazione ed ecco che arriviamo al lavoro: la luce in fondo al tunnel sta tutta nel far diminuire il tasso di gente senza lavoro, ed ecco che ci viene servita su un piatto d’argento una soluzione di alta qualità come la Tav.
Abbiamo un’infrastruttura fondamentale, con un cantiere già aperto, finanziato esternamente, che potrebbe vedere al lavoro migliaia di persone e che consentirebbe di mantenere un enorme indotto con la realizzazione degli snodi intermodali e della logistica e dobbiamo
vedere gli operai raggiungere il luogo di lavoro fra i fischi e gli sputi? Follia pura e nostro preciso dovere come cittadini di pretendere che i cantieri vadano avanti. In fretta.posta@claudioborghi.com
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.