Giallo sull’arresto in Pakistan del capo talebano Mullah Omar

Una tv di Kabul di solito ben informata: preso il ricercatissimo ex emiro dell’Afghanistan islamico. I suoi compagni smentiscono, gli Usa tacciono

Giallo sull’arresto in Pakistan del capo talebano Mullah Omar

Mullah Mohammed Omar, il capo guercio dei talebani, è stato catturato. O forse è solo sotto la sorveglianza dei pachistani, che vogliono usarlo come pedina nell'intricata crisi afghana. Ieri la notizia del suo arresto, lanciata dalla televisione privata di Kabul Tolo tv, ha fatto il giro del mondo. «Mullah Omar è stato arrestato in Pakistan» ha detto un presentatore, mentre veniva mostrata una vecchia foto dell'Amir ul Momineen, il leader di tutti i credenti orbo dall'occhio destro. I portavoce talebani si sono affannati a dichiarare che è propaganda Usa, ma né pachistani, né americani hanno mai smentito la notizia, che in realtà circola da maggio.
Tolo tv è un canale molto seguito a Kabul, messo in piedi da due fratelli che avevano fatto fortuna in esilio e sono tornati in Afghanistan dopo il crollo dei talebani nel 2001. I giornalisti di Tolo hanno buoni agganci sia con la Nato sia con i talebani e difficilmente manderebbero in onda una notizia così clamorosa senza un riscontro. Il capo storico dei talebani è l'uomo più ricercato al mondo dopo Osama bin Laden e sulla sua testa pende una taglia di 10 milioni di dollari.
Il primo ad aprire il giallo sulla sorte di mullah Omar è stato Brad Thor sul blog biggovernment.com. Thor ha lavorato per il Dipartimento della Sicurezza nazionale Usa, ma è diventato famoso in seguito, come autore di thriller. E non ha mai abbandonato gli agganci con l'intelligence e i corpi speciali Usa. Il 10 maggio Thor scriveva che l'Isi, il servizio segreto pachistano, aveva messo le mani su mullah Omar il 27 marzo a Karachi, il grande porto del sud. Il capo dei talebani, più che prigioniero, sarebbe agli arresti domiciliari in una struttura speciale dei servizi di Islamabad. Tre giorni dopo la notizia veniva confermata dall'ex colonnello Oliver North, salito agli onori delle cronache per la vicenda degli ostaggi in Iran e delle armi ai contras nicaraguensi ai tempi di Ronald Reagan. North si è riciclato come giornalista di guerra e commentatore di Fox News mantenendo i vecchi contatti con il Pentagono e i marines.
In seguito il settimanale Newsweek scrive che i talebani sono nel caos a causa dell'arresto del loro capo e pure la televisione iraniana annuncia che l'Isi ha messo le mani su mullah Omar. Da pachistani e americani non esce alcuna smentita. Non solo: il segretario di Stato, Hillary Clinton, davanti alle telecamere, attacca sostenendo che «qualcuno (nel governo pachistano, nda) sa dove sono mullah Omar e Osama bin Laden».
Lo scorso novembre il quotidiano Washington Times, con ottime fonti nella Cia, denunciava che l'Isi aveva spostato il capo dei talebani a Karachi. Se fosse rimasto a Quetta, vicino al confine afghano, gli americani avrebbero potuto individuarlo. Qualche tempo dopo mullah Abdul Salam Hanafi, governatore ombra dei talebani nella provincia di Uruzgan, dove è cresciuto Omar, ammette che il capo di tutti i credenti «era ospitato a Karachi dai servizi di sicurezza pachistani». Guarda caso in gennaio, proprio a Karachi, veniva catturato mullah Abdul Ghani Baradar, numero due dei talebani e unico comandante in contatto diretto con mullah Omar.
Ieri Qari Yusuf Ahmad, principale portavoce dei talebani, ha sostenuto che il gran capo «è libero, in ottima salute e guida i combattenti».
Classe 1959, figlio di contadini, mullah Omar si è fatto le ossa nella guerra santa contro i sovietici. Una scheggia gli ha portato via l'occhio destro. Lui stesso ha ammesso di aver studiato solo in una scuola coranica e di non essere mai salito su un aereo. Nel 1996 i talebani conquistarono Kabul grazie all'aiuto di Islamabad. Mullah Omar guidò il Paese da emiro fino al 2001 imponendo la dura legge del Corano e del moschetto. Amico di Bin Laden, avrebbe dato in sposa al capo di Al Qaida una delle sue figlie.


Alto quasi due metri, barbone nero, si è fatto vedere raramente in pubblico e ha sempre governato da Kandahar, la capitale spirituale dei pashtun. Sparito nel nulla nel 2001, non sarebbe sopravvissuto a nove anni di clandestinità senza l'aiuto dei pachistani, che avrebbero dovuto dargli la caccia.
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