Giorgia, una matricola in vetta a Montecitorio

Subito promossa da Fini come vice di Fausto Bertinotti

Luca Telese

da Roma

Sarà un picccolo terremoto, ma è deciso, e stamattina manca solo la ratifica del voto: sarà Giorgia Meloni - presidente di Azione giovani, 29 anni compiuti a gennaio - uno dei due vicepresidenti della Camera eletti dalla Casa delle libertà a Montecitorio (insieme a un ex ministro come Giulio Tremonti). Un colpo di scena maturato l’altroieri, quando la Meloni è stata convocata da Gianfranco Fini, che (senza giri di parole) dopo una decisione a sorpresa le ha detto: «Preparati: farai la vicepresidente». L’interessata non si è tirata indietro, gesto prevedibile per una che, ironicamente, si definisce: «La ragazza della Garbatella» (dal nome del popolare quartiere romano dove è nata e vive).
Ma un salto mica male: la Meloni a Montecitorio è matricola (prima legislatura, eletta nel collegio Lazio 1), e fino ad oggi lo scalino massimo della sua carriera istituzionale era il ruolo di consigliere provinciale (e visto che molti ambivano a quel posto). Eppure nulla è casuale o improvvisato: quella di Fini è stata una scelta che ha chiuso un trittico di innesti femminili in An. Dopo la designazione-choc della nuova segretaria dell’Ugl, Renata Polverini (40enne, primo leader donna sindacale), e quella della «direttora» de Il Secolo d’Italia, Flavia Perina (adesso anche lei è deputata) un terzo colpo «rosa». I commenti «veri», nel coro dei tanti formali ossequi? Quelli dei deputati più giovani del gruppo. Come il simpatico varesino Marco Airaghi, che le ha detto: «Cara Giorgia, hai finito di dormire sonni tranquilli, quando presiedi tu, io farò le barricate!». Per non parlare dell’inarrestabile triestino Roberto Menia («terrore» dei presidenti d’aula, quello che chiese a Fabio Mussi di non computare i voti a Vladimir Luxuria) - che, riferendosi alla futura battaglia di opposizione di An ha detto: «Voglio proprio vedere se mi espellerai dall’Aula...».
I panni di «Alice nel paese delle meraviglie», però non si attagliano alla Meloni, che ha consolidato la sua carriera due anni fa, vincendo a sorpresa un congresso giovanile che la dava sfavorita. Proprio in quell’occasione lei (componente La Russa-Gasparri, ma origine popolarissima e di «destra sociale» nella storica sezione di Colle Oppio) prevalse con un ballottaggio al fulmicotone sul suo avversario, il milanese Carlo Fidanza. La prima mossa (caso di scuola, di questi tempi) fu il recupero dell’avversario, che oggi co-gestisce Ag da leader, insieme a lei.

Ma le fortune della Meloni iniziarono a decollare al congresso di An di Bologna, quando con Teodoro Buontempo fu l’unica a criticare il segretario (e anche l’unica ad essere citata nelle conclusioni di Fini insieme al deputato romano). Diploma di liceo linguistico, una passione per la Mini minor, la Meloni ha mosso i primi passi nel movimento studentesco degli Antenati: «Oggi - scherza - mi ritrovo tra i... pronipoti».

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