«Grana Padano, made in Italy che vale più di un miliardo»

Il presidente del Consorzio: «Un milione le forme esportate, altrettante quelle imitate»

da Milano

È il formaggio a denominazione d’origine protetta più consumato nel mondo: in Italia è su tutte le tavole. E sta conquistando perfino i palati, storicamente refrattari, dei cinesi. Parliamo del Grana Padano, un’eccellenza del made in Italy, costretta però a difendersi strenuamente dalle falsificazioni, come ci spiega il presidente del Consorzio tutela, Cesare Baldrighi.
Anche al Grana Padano succede come al Parmigiano, insidiato dal «parmesan»?
«Certo. Proprio perché siamo il numero uno nel mondo, più acquistato dei celebri concorrenti svizzeri o francesi, siamo imitatissimi. Per ogni forma di Grana venduta all’estero - in tutto circa un milione - ce n’è sul mercato un’altra falsa, magari con tanto di bandierina tricolore. E così abbiamo trovato un «grana pardano» in Olanda, un «padona» negli Stati Uniti, un «gradano» in Svizzera e chi più ne ha più ne metta. Senza contare le frodi peggiori, ossia formaggi prodotti chissà dove marcati grana padano».
Quanto vi costano le frodi?
«Per difenderci spendiamo ogni anno dai 700mila euro al milione, che raddoppiano con le spese di vigilanza. Il problema è soprattutto all’estero, perché in Italia, dove abbiamo una squadra di venti persone, la vigilanza è costante ed efficacissima. In Europa non arriviamo a dieci, ma contiamo di raggiungere presto gli stessi risultati italiani. Più difficile il controllo Oltreoceano, visto che abbiamo una sola persona per Stati Uniti e Canada».
Quanto pesa l’export sulla vostra produzione?
«Dai caseifici produttori, circa 200, raggruppati dal nostro Consorzio di tutela Grana Padano, sono uscite lo scorso anno 4,4 milioni di forme da 37 chili l’una, di cui circa 200mila, però, non hanno raggiunto lo standard qualitativo richiesto e non hanno potuto fregiarsi del marchio. Delle altre, 3,1 milioni sono andate sul mercato italiano e il resto all’estero».
E quanto vale in tutto?
«Un miliardo e cento milioni il fatturato all’ingrosso. Ma non tutto il Grana ha lo stesso prezzo: più invecchia più diventa pregiato e quindi costoso. Il mercato tuttavia è esigente, in primis quello italiano dove il Grana Padano è il formaggio più consumato in assoluto: e proprio per lanciare la fascia di eccellenza, il Consorzio ha ideato il marchio Riserva».
Di che si tratta?
«Abbiamo destinato 150mila forme a un superinvecchiamento di ventuno mesi e le commercializzeremo con questo marchio. Ma tutto il nostro formaggio è controllato sotto ogni aspetto: possiamo risalire dal punto vendita al caseificio, addirittura alla caldaia da cui è uscito. Il che, in tempi di attenzione alla sicurezza alimentare come questi, è un vantaggio non indifferente».
Intendete aumentare la produzione?
«Sì, ma in modo controllato.

Non si deve ripetere l’errore del 2005, quando un eccesso di produzione, legato al deprezzamento del latte italiano per la concorrenza straniera, ha messo il settore in difficoltà. Ora siamo tornati in equilibrio, e il piano approvato dal Consorzio prevede di crescere del 2,5% all’anno, con un investimento promozionale di 100 milioni in cinque anni».

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