«Una Grande Coalizione non avrebbe lunga vita»

Per Roger Köppel, direttore della «Welt», la Germania tornerà alle urne entro un anno e mezzo

Marcello Foa

nostro inviato a Berlino

È la firma rampante del giornalismo tedesco. Un anno fa gli è stata affidata la guida di Die Welt, quotidiano prestigioso ma all'epoca in declino. Ora, in solo 12 mesi, è risorto. Grandi scoop, su le vendite, una chiara identità liberale: nei palazzi della politica Die Welt è tornata a essere letta e temuta. Merito di Roger Koeppel. Zurighese di nascita, 40 anni, l'aria eternamente sbarazzina, il direttore di Die Welt commenta con il Giornale i risultati delle elezioni.
E adesso chi governerà a Berlino?
«C'è una chiara opzione in favore di una Grosse Koalition tra la Cdu e i socialdemocratici; ma non è certo una buona soluzione per la Germania. Le riforme si allontanano».
È perché non un governo tra il centrodestra e i verdi?
«Il mio giornale lo vedrebbe con favore, ma per ora tutti e tre i partiti lo escludono».
È un governo Spd-verdi con l'appoggio esterno dell'estrema sinistra?
«La rivalità e il rancore tra Schröder e il suo ex ministro Lafontaine sono ancora troppo forti: per ora i veti sono invalicabili. Se però la crisi dovesse prolungarsi questo scenario tornerebbe d'attualità; diciamo che è poco probabile ma non impossibile».
Quanto durerà la Grosse Koalition?
«Poco. Questo governo avrà un alto tasso di litigiosità, anche perché sia l'Spd sia la Cdu sono uscite indebolite dalle elezioni. Negli ambienti politici di Berlino si prevedono nuove elezioni tra un anno o diciotto mesi».
Intanto chi sarà cancelliere, la Merkel o Schröder?
«La Cdu ha ottenuto il maggior numero di voti, sebbene di poco, e la maggioranza relativa in seggi. Dunque la guida del governo spetta alla Merkel, come è sempre accaduto in Germania».
Eppure Schröder insiste: o con me o niente governo...
«L'Spd è andata meglio del previsto ma, non dimentichiamolo, ha perso. E la notte elettorale Schröder si è mostrato in tv arrogante ed egocentrico, ha superato ogni limite. Non ha diritto di proclamarsi cancelliere. D'altronde la fazione più grande del suo partito non lo ama affatto e lo ridimensionerà. Nelle ultime ore è già apparso meno baldanzoso».
La vittoria del centrodestra sembrava scontata e invece è sfumata malamente. Perché?
«Il Paese è pronto per le riforme, lo dimostra il successo dell'Fdp e se si considera che Schröder rappresenta l'ala moderna della socialdemocrazia, è evidente che il voto di protesta è limitato all'estrema sinistra e a altre correnti minoritarie. Al contempo, però, i tedeschi si sono mostrati riluttanti a dare tutta la responsabilità alla coalizione di centrodestra».
Ma la Merkel era all'altezza?
«Ha un problema di immagine: non piace all'Est, né alle donne e, contrariamente a Schröder, non sa comunicare. Inoltre la sua campagna è stata gestita in modo poco professionale. Troppe polemiche su Kirchhof, troppe voci discordanti all'interno del partito: gli elettori hanno avuto l'impressione che la Merkel non controllasse il partito e molti probabilmente hanno pensato: se non riesce a gestire la Cdu come può riformare la Germania? Infine, l'attaccamento ai valori sociali è ancora molto forte nel Paese e metterli in discussione con un programma così radicale ha spaventato l'elettorato. Per ora la Merkel resta in sella... Ma nella Cdu brilla già la stella di Christian Wulff».
C'è chi dice: non c'è più stabilità, bisogna cambiare il sistema elettorale...
«Improbabile che questo accada, il Paese si regge sul consenso, non ama i traumi e nessuno vuole affrontare una questione tanto delicata. Per ora si va avanti così».
Eppure la crisi si allarga: prima era solo economica, ora anche politica. Che cosa succede alla Germania?
«Il Paese deve riconsiderare molti punti: primo, l'attuale stato sociale è insostenibile e va ristrutturato. Secondo, la Germania deve rivedere le relazioni nell'Unione europea, decidendo quanti contributi intende versare.

Terzo, deve reimpostare i rapporti con gli Usa. Quarto, e più importante, deve cambiare una società che dal dopoguerra si basa sulla concertazione. Sfide difficili: il voto di domenica riflette lo smarrimento del Paese».
marcello.foa@ilgiornale.it

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