La guerra contro il cancro non è vinta ma fa registrare buoni risultati, che permettono una più lunga sopravvivenza (senza che la malattia progredisca) o addirittura la guarigione. Questo, in sintesi, è il bilancio del più importante congresso mondiale di oncologia clinica, svoltosi a Chicago con una grande partecipazione e il record di specialisti: trentacinquemila (di cui 500 italiani).
Questa svolta si deve prima di tutto alla ricerca, in particolare allo sviluppo di alcuni anticorpi monoclonali capaci di bloccare l'angiogenesi, ovvero il meccanismo che permette al tumore di crescere e diffondersi nell'organismo. I nuovi anticorpi monoclonali attaccano in particolare la proteina Vegf (Vascular Endothelial Growth Factor) che ha un ruolo fondamentale nella «nutrizione» e nell'estensione dei tumori maligni.
A Chicago hanno illustrato il ruolo decisivo degli anticorpi monoclonali molti relatori, chiamati a quantificare i progressi registrati in questa delicatissima area patologica. Ne abbiamo parlato con il professor Alberto Sobrero, primario all'ospedale San Martino di Genova e membro della Commissione scientifica dell'American Society for Clinical Oncology (Asco), che organizza ogni anno questo congresso. «Dopo trent'anni di battaglie - ci ha detto - abbiamo il dovere di essere ottimisti. Le novità registrate in tutto il mondo erano impensabili soltanto dieci anni fa».
Entriamo nel vivo delle terapie. Uno di questi anticorpi monoclonali (bevacizumab) associato alla chemioterapia (che può essere amministrato anche per via orale con capecitabina), assicura oltre due anni di sopravvivenza in 82 pazienti su cento affetti da tumore del colon-retto. Questo nuovo scenario, spiega il professor Sobrero, porta grandi risultati in una patologia preoccupante, che colpisce ogni anno quattrocentomila persone in Europa e 30mila in Italia, senza aumentare la tossicità delle terapie. Nei duemila casi che ha trattato, il professore ha potuto notare il ristretto numero di ricadute (il 20%): dato confermato negli Stati Uniti. Altri studi sono in corso in vari tipi di tumore: riguardano, in totale, 40mila soggetti. Il bevacizumab può essere definito come il vero protagonista del congresso di Chicago con risultati positivi in vari tipi di tumore a partire dal carcinoma mammario. Anche nella terapia del carcinoma renale (8500 nuovi casi lanno soltanto in Italia), stando allo studio Avoren, e, l'aggiunta di bevacizumab alla terapia con interferone prolunga la sopravvivenza libera da progressione della malattia. Perfino nel tumore avanzato del polmone lavvento di molecole come bevacizumab ed erlotimib ha consentito un aumento della sopravvivenza.
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