di Giacomo Susca
Se ancora non sapete chi diavolo siano CutiePieMarzia o Clio Zammatteo, CiccioGamer o Matt&Bise, è tutto abbastanza normale. Ma non meravigliatevi se i vostri figli non tolgono più gli occhi dal cellulare: perché è in loro compagnia che passano la maggior parte della giornata.
Eccole le star del nuovo millennio. Sono i ragazzi del wi-fi accanto, nati perlopiù a metà degli Anni Novanta, che hanno fatto della più grande e popolata piattaforma di condivisione video del pianeta uno strumento per esprimere il proprio talento e poi trasformarlo in una fonte di guadagno. Anche a sei zeri. Così gli «Youtuber» sono diventati i personaggi di riferimento per una tribù sempre più numerosa di fedeli spettatori, anche se oggi sarebbe più corretto chiamarli follower. Mentre Youtube.com ha tagliato il traguardo impressionante di un miliardo di utenti attivi e registrati nel pianeta (secondo solo a Facebook, un continente ormai popolato da 1,8 miliardi di abitanti), in Italia i seguaci sono 27 milioni e hanno praticamente raggiunto il numero di profili aperti sul più famoso social network. Ma ciò che colpisce davvero sono i dati stratificati per età. Oltre il 70 per cento del pubblico italiano degli youtuber è composto da ragazzi sotto i 19 anni, con un picco di adolescenti tra i 14 e i 16 anni e di ragazzini dai 10 ai 13 anni. Una platea che attraverso abitudini consolidate ha profondamente rivoluzionato il consumo di contenuti per immagini seguendo una scia che viene da lontano. Se negli Stati Uniti infatti nella fascia di prime time il numero di chi resta incollato ai filmati su Youtube ha ormai superato quello dei telespettatori di tutte le televisioni messe insieme, in Italia non siamo ancora a questo punto ma il vento è già cambiato da un pezzo e soffia nella stessa direzione.
STORIE VIRTUALI, SOLDI VERI
Una tendenza che incoraggia i più talentuosi e spregiudicati a tuffarsi in questo mare agitato di pixel non (solo) per sano esibizionismo o per divertimento, ma con l'intento di diventare ricchi grazie a un video di sessanta secondi. E di fare, cioè, dell'intrattenimento virale una professione. E qui la faccenda si fa più complessa. Quanto si guadagna davvero con Youtube? Prima di tutto vanno espletate alcune formalità. La principale è aderire al «Programma partner», condizione necessaria per trarre profitto mediante gli annunci-spot. Il passo successivo è collegare il proprio account ad un account AdSense, il sistema di banner pubblicitari utilizzato da Google. E, mai dimenticarlo, bisogna sottostare alle regole condivise dalla comunità: semplicemente, non è possibile pubblicare qualunque tipo di contenuto. Nessuno conosce con esattezza gli algoritmi che consentono di monetizzare, quello che è certo è che il sito trattiene il 45% dei redditi generati e gira il restante 55% all'autore. A questo punto si entra nella sfera dell'imponderabile: secondo gli esperti per uno youtuber di medio livello, in Italia, si parla di mille euro ogni milione di visualizzazioni del video, o meglio della pubblicità a esso collegato. Ovviamente non tutti guadagnano allo stesso modo.
Sembra facile far soldi così, in realtà non lo è affatto. Oggi solo 5 canali italiani di Youtube su 100 raccolgono somme sufficienti per vivere di questo e basta. Esistono comunque altre forme di sostentamento, dai contenuti riservati a pagamento fino al product placement, dal farsi testimonial di marchi fino alla vendita di merchandising e al crowfunding. Il sito di statistiche Social Blade (www.socialblade.com) certifica che i primi youtuber italiani in graduatoria, da Marzia a Favij, da St3pNy ad Anima, riescono a totalizzare anche diversi milioni di visualizzazioni in pochi giorni per singolo video. I conti sono presto fatti. Ma così si finisce per guardare solo la punta dell'iceberg, perché la vera abilità sta nell'usare Youtube come strumento di marketing, come moltiplicatore di popolarità. Capisci che la tua vita è cambiata quando sono le agenzie di management a cercarti, e non il contrario. La parabola di young celebrities come Sofia Viscardi (18 anni), Michele Bravi (22), Greta Menchi (21) o Frank Matano (27) lo insegna. Tutti (ex) youtuber già al secondo giro di boa.
Se oggi questi ragazzi scrivono libri, producono musica e film, cantano al Festival di Sanremo e conducono programmi in tv e in radio, devono tutto alla loro capacità di bucare lo schermo. Di uno smartphone.
DIVI ACCESSIBILI
Ma perché i giovani anzi giovanissimi divi del «tubo» hanno così tanto successo tra i loro coetanei, e non solo? Mark Perna, esperto di tecnologia e innovazione che insieme a Paolo Crespi ha firmato il saggio-manuale Professione Youtuber (Maggioli Editore, 2016), spiega: «Se così tanti ragazzi hanno praticamente smesso di guardare la tv per sintonizzarsi sul web è soprattutto perché in queste persone vedono dei divi senza barriere, senza distacco, che interagiscono con loro senza filtri. Insomma, un rapporto paritario tra idoli e fan che non ha precedenti nella storia dell'intrattenimento, ma anche in altri campi come per esempio l'informazione, se pensiamo ai video-blogger». E poi c'è un aspetto più legato al mezzo stesso di espressione, sia detto alla McLuhan. «Youtube offre uno spazio libero, democratico e creativo in cui sperimentare - argomentano gli autori -. Questo spazio viene usato per esprimersi, mettersi alla prova, rafforzare la propria identità condividendola con gli altri e assecondando attitudini e passioni».
Dall'ammirazione all'emulazione il passo è breve un paio di clic: diventare a propria volta degli youtuber per le nuove leve della «generazione Z» può voler dire aprirsi le porte non soltanto della Rete, ma soprattutto spalancarsi un futuro magari da giornalisti, chef, consulenti di tecnologia per le imprese o di immagine nel mondo della moda. «Per riuscirci bisogna saper masticare una grammatica, anzi una metrica, per certi versi sconosciuta fino a pochissimo tempo fa - aggiunge Perna -. Se si riflette sul fatto che molto presto i contenuti su Facebook saranno al 95 per cento costituiti da video e che su Snapchat si guardano già ogni giorno più di 10 miliardi di filmati, si capisce quanto questo linguaggio sia oramai imprescindibile. E saper concepire e produrre video in autonomia è sempre più richiesto nella comunicazione e nel marketing, che poi rappresentano i principali sbocchi per lo youtuber maturo».
GLI INVESTIMENTI CAMBIANO CANALE
Tutte abilità che per ora i ragazzi si costruiscono da soli con il consumo quotidiano e il passaparola, in una bolla che si autoalimenta attraverso Facebook, Twitter, Instagram, Whatsapp, siti personali e altri social network. Ma attenzione, diventare famosi con Youtube è un'aspirazione anche per molti trentenni e quarantenni poiché si tratta di un settore in cui non esistono (almeno in teoria) barriere all'ingresso, se non quelle legate alle competenze specifiche e tecniche. «E qui l'università arriva ancora una volta in ritardo - osserva ancora Perna -, eccezion fatta per alcune realtà come lo Iulm di Milano o il Dams di Bologna. Il panorama dei corsi di laurea in comunicazione mantiene ancora un approccio troppo accademico, sottovalutando le potenzialità di un settore in enorme espansione». Secondo una ricerca svolta da Google, che controlla il colosso dell'intrattenimento video (un dettaglio niente affatto marginale, considerata l'importanza dell'indicizzazione sul motore di ricerca), Youtube quasi nell'80% dei casi fa realizzare un ritorno sugli investimenti (Roi) pubblicitari superiore alla tv tradizionale. L'Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano stima inoltre che in Italia il video advertising sia cresciuto del 34% nel 2016 arrivando a quasi 490 milioni di euro, dopo aver segnato già nel 2015 un incremento del 25% (a 364 milioni).
La fetta portata a casa da Youtube e dai social network nel 2015 valeva circa i due terzi del totale del mercato video, a un tasso di crescita del 40%. Altro che ingenui e perdi-giorno davanti al pc, i giovani aspiranti youtuber lo hanno capito benissimo: anche nel mondo virtuale la pista giusta per sfondare è «segui il denaro».
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