Il Guardasigilli prepara l'indulto bis

L’ultima trovata del ministro: concedere maggiori benefici ai detenuti per eliminare il sovraffollamento Tu che ne pensi? Partecipa al sondaggio Scrivi il tuo commento: esprimi la tua opinione

Il Guardasigilli prepara l'indulto bis

Roma - Aumentano di 1.000 al mese i 47mila detenuti nelle carceri. Tra un anno e mezzo ritorneranno a essere quanti erano prima dell’indulto: 63mila, per 43mila posti regolamentari. Sovraffollamento in crescita, insomma, se non ci saranno interventi strutturali. E gli psicologi già lanciano l’allarme per il rischio di rivolte.
Ma al ministero della Giustizia hanno trovato l’uovo di Colombo: utilizzare gli agenti penitenziari anche per sorvegliare i detenuti che ottengono i benefici della legge Gozzini, e farne uscire dalle celle il più possibile. «È una sperimentazione - spiega il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Ettore Ferrara - che avvieremo presto in alcune città, per indurre i magistrati di sorveglianza a fare più spesso uso di misure alternative alla detenzione. La strada è questa: il tasso di recidiva tra chi ottiene misure alternative è sotto il 20%, per gli altri è il 60-70%. Oltretutto, ogni detenuto nei penitenziari costa allo Stato una grossa cifra e se stanno fuori di più, ci potranno essere maggiori risorse per assumere nuovi agenti».
Ferrara è accanto al ministro della Giustizia, alla conferenza-stampa convocata per replicare alle polemiche seguite all’inchiesta del Giornale,ai servizi tv di Striscia la notizia e a interventi di altri quotidiani, sui penitenziari inutilizzati. A Clemente Mastella chiedono se c’è contraddizione su questo premere sull’acceleratore delle misure della Gozzini e il «pacchetto sicurezza», che prevede un giro di vite sui benefici penitenziari, almeno per reati che destano allarme sociale come rapine, scippi, incendi boschivi.
«La cosa più importante - replica il Guardasigilli - è garantire la certezza della pena, o in carcere o con misure alternative. L’idea che ci sia una differenza tra micro e macrocriminalità è una sciocchezza, la criminalità è una sola». Ma chi dovrebbe lasciare il carcere in misura maggiore? «Tra i detenuti ci sono spacciatori, drogati ed extracomunitari: i clandestini sono il 40% e con una modifica alla legge Bossi-Fini la situazione potrebbe cambiare».
Mastella respinge le critiche sull’indulto. È vero che presto i penitenziari saranno pieni come prima, sottolinea, ma senza il provvedimento di clemenza oggi la situazione sarebbe «devastante»: a quota 78mila detenuti.
Costruire nuove carceri è lungo e dispendioso. E, avverte il Guardasigilli, spetta al ministero delle Infrastrutture, che deve stanziare i fondi. Un piano per 70 milioni di euro c’è, ma Mastella deve vedersela con il suo grande antagonista Antonio Di Pietro. Lui può occuparsi solo di ampliare e ristrutturare le sezioni già esistenti: così sono stati recuperati 3.300 posti e nel triennio 2007-2009 ce ne saranno altri 4mila.
E le più di 50 prigioni vuote? 34 fanno parte delle 350 case mandamentali per 20-30 detenuti, nate nel ’75 per gli imputati a disposizione del pretore. Abolite le preture sono state per lo più dismesse, anche perché antieconomiche e restituite ai Comuni proprietari, per destinarle ad altri usi. Il Dap su di esse non ha più competenza. Altri 15 istituti sarebbero aperti o devono essere riconsegnati dopo una ristrutturazione, come quello di Gela. Per chiudere Pianosa c’è stata una legge del Parlamento. Solo 6 sarebbero «in situazioni di stallo»: la procedura di permuta si è arenata. Ma bisognerà poi valutare se conviene utilizzarle. Ferrara spiega che in alcuni casi le strutture vengono chiuse perché il personale è insufficiente. E come si può pensare, allora, di mettere gli agenti a guardia di 30mila detenuti in semilibertà o in permesso premio? Sulla carta, i baschi azzurri sono 45mila, circa 1 per ogni detenuto. La media europea è 1 a 3. Quella Usa 1 a 7.

Ma Ferrara dice che hanno una mole di incarichi diversi che all’estero. Per l’ex Guardasigilli Roberto Castelli, ogni giorno ne lavora solo la metà. «Alcuni sono assenti per motivi legittimi (turni, malattie...), altri no. Non sono mai riuscito a vederci chiaro».

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