La guerra del Golfo di Mastella: soldati a Napoli

Prodi: «Il problema riguarda tutto il Sud». Il governatore della Campania: «L’esercito? Va bene»

Anna Maria Greco

da Roma

Che l’esercito scenda a Napoli a combattere la camorra non è più un «tabù», per Clemente Mastella. Otto omicidi in otto giorni, un sentiero di sangue di cui non si vede la fine, una città che sembra ingovernabile dal punto di vista sicurezza: tutto questo convince il ministro della Giustizia a valutare l’ipotesi di affiancare i militari alle forze dell’ordine per un periodo straordinario. Potrebbero presidiare le strutture meno a rischio, dando la possibilità a poliziotti e carabinieri di stare più nelle strade.
«Sono aperto alla discussione - dice Mastella, cauto come al solito -. In maniera negligente e irresponsabile si era detto che la colpa era del “mostro” indulto. La spietatezza dei fatti di questi giorni dimostra che non era così. Se l’esercito viene a risolvere questo problema annoso, non è male. Anche perché bisogna fronteggiare la percezione di insicurezza e di paura che è in molti strati della popolazione».
Una nuova Operazione Partenope come a metà degli anni Novanta, dunque? In realtà, le polemiche non mancano, con l’estrema sinistra che insorge solo all’idea, mentre An, Lega, Udeur e Italia dei valori trasversalmente la valutano positivamente.
Il premier Romano Prodi non si sbilancia. Spiega che l’emergenza-criminalità non è solo di Napoli ma «di tutto il Mezzogiorno» e che nei suoi incontri con i ministri interessati, a cominciare da quello dell’Interno, si è deciso di «lavorare in più direzioni». Insomma, non si esclude la strada militare, ma neppure la si sceglie.
Per il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, l’esercito sarebbe utile per «liberare le forze dell’ordine da altre incombenze», anche se è venuto più volte a Napoli e «non ha risolto granché». Concorda il presidente della Provincia, Dino Di Palma, mentre il sindaco Rosa Russo Iervolino fa appello ad una generica mobilitazione di istituzioni e società civile, come per il terrorismo. Esponenti napoletani di Ds e Margherita ricordano che l’operazione Alto impatto, voluta dal governo Berlusconi, «non ha inciso sulla radice della criminalità» e sarebbe meglio rafforzare polizia e carabinieri. Non è vero, contesta Mario Landolfi di An, quell’operazione ha dato i suoi risultati, ma bisogna anche inasprire le pene, abbassando l’età imputabile a 12 anni. A Napoli lo Stato non c’è più, protestano i deputati partenopei di Fi, in un’interpellanza al ministro Giuliano Amato, mentre a Ciro Alfano dell’Udc non piace la soluzione militare. «A Palermo l’esercito funzionò», contesta Leoluca Orlando, portavoce dell’Idv e sindaco della città negli anni delle stragi di mafia e dell’operazione Vespri Siciliani. La Lega vuole l’esercito e accusa Bassolino e la Iervolino di essere responsabili dell’escalation di violenza. La questione a Napoli, ricorda il leader della Quercia Piero Fassino, non è solo di ordine pubblico «c’è anche il problema della ricostruzione di un tessuto sociale slabbrato». Per Giovanni Russo Spena del Prc «portare l’esercito a Napoli contro la criminalità è un grande errore che non risolverebbe niente». Verdi e Pdci sono sulla stessa linea. Contrari il procuratore della Repubblica di Napoli, Giovandomenico Lepore e i sindacali confederali del mondo della sicurezza, per i quali «basta applicare la legge».
Il governo si è dato dieci giorni di tempo per decidere. «Sulla sicurezza la sua risposta è nulla», commenta Alfredo Mantovano di An e l’ex ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu (Fi) accusa gli enti locali di centrosinistra che hanno governato negli ultimi anni città e regione.

«Io speriamo che me la cavo», scriveva il piccolo alunno nel libro di Marcello D’Orta sulla scuola di Arzano, uno dei centri del napoletano insanguinati in questi giorni. E adesso il maestro reclama a Napoli l’esercito. In pianta stabile.

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