L'attacco brutale di Hamas era solo la prima fase di un piano più ampio. Un piano che voleva spingere Israele a un'offensiva di terra su Gaza. Da giorni le Idf si stanno preparando a una vasta operazione sulla Striscia. Ma attaccare un ambiente urbano così denso è un'impresa da incubo anche per un esercito addestrato come quello israeliano. Gastone Breccia, docente di storia militare dell'Università di Pavia e autore di libri come L'arte della guerriglia, racconta a ilGiornale tutte le inside di un attacco simile: dalla lotta casa per casa fino alla guerra dei tunnel.
Professor Breccia, perché l'offensiva su Gaza non è ancora partita?
Ci sono enormi difficoltà perché quello che vogliono gli israeliani è annientare Hamas come forza militare. Per riuscirci, però, devono prendere il controllo della Striscia di Gaza senza lasciare spazi. Questo controllo, poi, deve essere mantenuto. Coombattere strada per strada, casa per casa, setacciarle e eliminare ogni singola squadra di Hamas è un'operazione difficilissima, forse impossibile.
Qual è uno dei fattori più sottovalutati?
Tutti giustamente dicono che le operazioni in area urbana sono le più difficili. Tutti parlano dello spazio e del terreno. Verissimo. Ma nessuno cita un fatto fondamentale: il tempo. Dal momento in cui gli israeliani entreranno a Gaza, l’orologio comincerà a ticchettare e le Idf avranno un tempo limitato per raggiungere i loro obiettivi. Bisogna immaginare che ogni giorno inizieranno ad arrivare sulle televisioni di tutto il mondo i filmati dei civili massacrati e delle case distrutte. La percezione di questa operazione israeliana sarà, quindi, sempre più negativa da parte dell'opinione pubblica mondiale. Hamas questo lo sta benissimo e ha già dimostrato di saper vincere sul piano dell'informazione con il caso dell'ospedale Al Hali. Quindi il problema per Hamas sarà di resistere abbastanza a lungo perché si arrivi a una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu e a un movimento di opinione contro l'operazione di terra. Così gli israeliani saranno costretti a fermarsi prima di aver raggiunto il loro obiettivo.
Le forze armate israeliane sono preparate?
Se si parla in astratto del combattimento in aree urbane, le forze armate israeliane dovrebbero essere tra le più preparate o forse le più preparate del mondo. Hanno combattuto contro Hezbollah nel 2006, contro Hamas a Gaza varie volte, conducono spessissimo operazioni a bassa intensità in aree urbane in Cisgiordania. Son, quindi, molto preparate e dispongono di strumenti che non conosciamo del tutto. Ci sono, per esempio, dei nuovi droni capaci di entrare all'interno delle case e operare il riconoscimento facciale degli obiettivi per poi decidere se usare le loro armi, come i droni suicidi.
Che rischi corrono gli israeliani?
Sanno benissimo che è una campagna che costerà uno spargimento di sangue eccezionale sia tra le loro file sia tra i civili di Gaza.
Vederemo un intervento su larga scala o delle incursioni mirate?
Le incursioni mirate possono servire a eliminare i capi di Hamas, alcuni depositi di munizioni e postazioni di lancio dei missili. Ma non servono a vincere questa guerra. Ho parlato con molti amici israeliani e tutti dicono che Hamas deve essere eliminata. Le operazioni speciali condotte da piccole squadre non possono portare a questo risultato. Per estirpare Hamas bisogna occupare Gaza.
Quali sono oggi le caratteristiche di uno scontro in un ambiente urbano?
Conosciamo le caratteristiche dei combattimenti nei centri urbani da decenni perché non sono diverse da quelle di Stalingrado o di Cassino. Combattere in un centro urbano è molto difficile perché c'è multidimensionalità. In campo aperto uno conquista una trincea in orizzontale e poi va alla trincea successiva; in città uno entra in una casa, conquista il pianterreno ed è solo l'inizio. Ha gli scantinati, i piani superiori, i palazzi accanto da cui i nemici possono rientrare nel palazzo dopo che è stato librato. È una battaglia che si sviluppa in profondità. E questo moltiplica i pericoli e la necessità di presidiare poi il territorio una volta che lo si è occupato. È un incubo per chi deve attaccare.
Con che armi può difendersi Hamas?
Oggi i sistemi d'arma come i missili anticarro Fire-and-forget, che tu spari e poi il missile va al bersaglio da solo, sono eccezionali per i guerriglieri. Possono sparare e scappare. Il carrista, quando viene colpito, non ha più neanche un bersaglio a cui rispondere, ammesso che il carro non venga distrutto. Ci sono delle armi che rendono la resistenza nei centri urbani estremamente efficace.
Poi c’è il problema dei tunnel...
La rete dei tunnel è fondamentale e sarà fondamentale se inizia questa battaglia perché consentirà ai piccoli gruppi di Hamas di spostarsi senza esporsi al fuoco. Potranno ripiegare di fronte a un attacco. Ma non solo: attraverso i tunnel potranno tornare ad occupare delle posizioni alle spalle degli israeliani che, in teoria, erano già state ripulite. Questa sarà la cosa fondamentale: non tanto il ripiegamento ma tornare dove si è già passati.
Come si vince una guerra dei tunnel?
Gli israeliani potranno fare una cosa un po' tremenda. L’unico modo per risolvere il problema dei tunnel è l'uso dei gas, che non è detto che siano quelli vietati dalle convenzioni. Possono usare gas lacrimogeni, ma il loro uso è borderline. Non sono vietati ma sono comunque armi chimiche. In più si tratterebbe di riempire di gas dei tunnel dove probabilmente ci saranno anche centinaia di civili che, immediatamente, verrebbero presi dal panico e comincerebbero a cercare disperatamente di uscire calpestandosi e uccidendosi. È un incubo, quello che si profila.
È uno scenario che ricorda la guerra del Vietnam...
Certo, lì la guerra dei tunnel fu fondamentale. C'era un reparto speciale statunitense addestrato alla guerra dei tunnel che era composto dai soldati più coraggiosi, ma anche più pazzi, delle forze speciali statunitensi ed ebbe delle perdite altissime. Ma io credo che sia veramente un incubo combattere in quelle condizioni. Ce lo insegna la storia dall'assedio persiano della città di Dara, contro i romani nel terzo secolo, fino alla Prima guerra mondiale. È la forma di guerra più tremenda che ci sia perché si combatte al buio, senz'aria e senza luce.
L’offensiva di Israele su Gaza rischia di essere una trappola, anche se non dovesse partire. Come ne può uscire Tel Aviv?
È una trappola che Hamas ha fatto scattare. È riuscita nel suo intento perché il 7 ottobre Israele si è fatto cogliere di sorpresa. Gli atti di crudeltà sono stati esplicitamente concepiti per scatenare una reazione israeliana di questo tipo. A questo punto Israele deve reagire. Tutti in Israele dicono “adesso dicono dimentichiamoci tutto per un po': Hamas va distrutto”. C'è un grosso consenso su questa invasione di terra di Gaza.
Le pressioni americane pesano sulla decisione di ritardare l'attacco?
L'esitazione da parte dell'esercito israeliano a entrare a Gaza non dipende tanto dalle pressioni statunitensi, ma dal fatto che sanno benissimo a quali difficoltà stanno andando incontro. Si stanno preparando meticolosamente.
E un'altra cosa: stanno cercando in tutti i modi, segretamente, di infiltrare la Striscia con dei nuclei di forze speciali, di contattare i loro informatori, di cercare di avere dei punti d'appoggio per entrare. È un’operazione di preparazione del campo di battaglia che sta andando avanti da giorni. Quando si sentiranno pronti, probabilmente partiranno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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