Scintille in Asia: quei segnali intorno alla Cina che preoccupano

L’Asia ribolle. E il rischio che qui possa scoppiare e combattersi la prossima guerra mondiale - con Usa e Cina protagoniste - è sempre più alto

Scintille in Asia: quei segnali intorno alla Cina che preoccupano
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Le rivendicazioni incrociate nel Mar Cinese Meridionale, la spinosissima e irrisolta questione taiwanese, il rischio di una collisione fortuita tra due mezzi militari, le tensioni che attraversano la penisola coreana (ma più in generale tutto l’Indo-Pacifico). L’Asia ribolle e, almeno a giudicare dai segnali allarmanti provenienti dall’Estremo Oriente, il rischio che qui possa scoppiare e combattersi la prossima guerra mondiale - con Usa e Cina protagoniste - è sempre più alto. È in un simile scenario che sta andando in scena il testa a testa tra Washington e Pechino. Ma quante probabilità ci sono che il Dragone inizi una guerra?

La Cina è pronta alla guerra?

Foreign Policy ha provato a rispondere a questa domanda, concludendo che se la Cina dovesse usare la forza militare contro Taiwan - o un altro obiettivo nel Pacifico occidentale - il risultato potrebbe essere una guerra con gli Stati Uniti. Ovvero: una lotta tra due giganti dotati di armi nucleari che si contendono l’egemonia in quella regione e nel resto del mondo. Se, invece, la Repubblica Popolare Cinese dovesse entrare a gamba tesa nelle crisi in corso in Ucraina e in Medio Oriente, allora il mondo verrebbe consumato dai conflitti interconnessi nelle aree chiave dell’Eurasia, dando il là ad una conflagrazione globale unica nel suo genere.

Nonostante la recente ondata di diplomazia ad alto livello tra Washington e Pechino, i segnali d’allarme non mancano affatto. Ad esempio, ha evidenziato la rivista statunitense, la Cina sta accumulando navi, aerei e missili come parte di un grande rafforzamento militare. Il gigante asiatico sta però accumulando anche scorte di carburante e cibo, e sta cercando di ridurre la vulnerabilità della sua economia di fronte a ipotetiche sanzioni. Insomma, quelle appena elencate sono misure che potrebbero essere intraprese in concomitanza di un conflitto.

Tra rischi e allarmismi

In merito ad una Cina pronta a combattere ci sono due scuole di pensiero. C’è chi, come il direttore della Cia William Burns, ritiene che Xi intenda conquistare Taiwan entro il 2027 o nei prossimi anni, scatenando quindi una guerra regionale con implicazioni internazionali, e chi sostiene che il rischio di un’aggressione cinese sia eccessivo. Altri analisti sottolineano che la Cina non ha iniziato una guerra dall’invasione del Vietnam nel 1979. Altri ancora respingono la prospettiva che il Dragone possa combattere in risposta al rallentamento dell’economia e ad altri problemi interni, rivendicando il fatto che il gigante asiatico non ha una storia di guerre diversive.

Ebbene, FP ha fatto presente che la tesi che accomuna queste argomentazioni è la fede nella fondamentale continuità della condotta cinese. E cioè l’idea che un Paese che non ha lanciato una guerra per più di quattro decenni possa continuare a comportarsi in questo modo. "Riteniamo che questa fiducia sia pericolosamente mal riposta", hanno spiegato gli esperti della rivista Usa. Il comportamento di un Paese, secondo la loro visione, sarebbe profondamente influenzato dalle sue circostanze, non meno che dalla sua tradizione strategica.

Segnali di pericolo

Ci sono dei segnali che non dovrebbero essere presi alla leggera. In primo luogo, le controversie territoriali e le altre questioni contestate dalla Cina stanno diventando meno suscettibili al compromesso o alla risoluzione pacifica di quanto lo fossero in passato, rendendo la politica estera un gioco a somma zero. In secondo luogo, l’equilibrio militare in Asia si sta modificando in modi che potrebbero rendere Pechino pericolosamente ottimista sull’esito di un conflitto. Allo stesso tempo gli Stati Uniti stanno rafforzando la loro presenza nella regione, innescando una pericolosa corsa al riarmo.

La possibilità di una guerra tra Stati Uniti e Cina potrebbe sembrare remota a prima vista. Del resto Pechino non combatte una grande guerra da 44 anni, e il suo esercito non uccide un gran numero di nemici stranieri dal 1988, quando le fregate cinesi mitragliarono 64 marinai vietnamiti in una scaramuccia sulle Isole Spratly.

Attenzione però, perché anche i Paesi più potenti possono precipitare in una violenta insicurezza quando sono afflitti da stagnazione economica, accerchiamento strategico o altre tendenze prolungate che minacciano la loro posizione

internazionale. La Cina non ha probabilmente alcuna intenzione di imbracciare le armi, né ora né tra qualche anno. Ma ciò non significa che una scintilla non possa far scoppiare un incendio dagli esiti imprevedibili.

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