La Nato vara il modello Arf. Ecco come può muovere le truppe

La transizione multinazionale e multidominio della Nato focalizzata sull'impiego di"Very High Readiness Joint Task Forces"

La Nato vara il modello Arf. Ecco come può muovere le truppe

Arriva la rivoluzione della Nato che cambia la strategia di risposta, dicendo addio al vecchio sistema Nfr, ovvero Nato Response Force e spalanca le porte all’Allied Reaction Force, conosciuto come modello Arf.

La Nato passa dal modello Nfr a quello Arf

La logica strategica dell’Alleanza Atlantica, si apprende, fu sollecitata per oltre due decenni, sotto i parametri dell’articolo 5, ad adottare dinamiche del modello “Nato Response Force”, a causa degli attacchi dell’11 settembre 2001. Quest’ultima, infatti, diventò operativa coinvolgendo le forze navali, aeree, terrestri, oltre i reparti speciali. Il fine fu quello di attivare una risposta immediata degli alleati in caso di attacco. La Nato stessa, infatti, ci spiega che a causa delle crisi internazionali successive, come in Crimea e poi l’Ucraina, le strategie di difesa comune “hanno subito modifiche significative”, come per esempio, l’introduzione della Rap, ovvero il Readiness Action Plan, che ha introdotto, “un piano d’azione per la prontezza”, il quale ha dato il via alla “Very High Readiness Joint Task Force”, cioè quelle forze di rapido impiego che sono utili a contrastare le minacce sui confini orientali.

L’evoluzione che ha portato al modello Alied Reaction Force

Facendo un passo in dietro negli anni per capire cosa fosse l’Nfr, si recepisce che il sistema Nato Response Force, vide la luce dal vertice di Praga, tenutosi nel novembre 2002, per poi essere approvato dalle Difese dei paesi alleati nel giugno 2003 a Bruxelles. Il progetto, in seguito, raggiunse la capacità operativa nell'ottobre dell’anno successivo, quando fu annunciato, a Poiana Brasov, in Romania, dal segretario generale della Nato e dal Saceur, ovvero il Supreme Allied Commander in Europa.

Nel 2006, fu testata l’efficienza del sistema durante le operazioni addestrative Steadfast Jaguar, tenutesi nelle Isole di Capo Verde, e, nel mese di novembre dello stesso anno, durante il vertice dell’Alleanza a Riga, entrò pienamente in servizio operativo. Successivamente il programma subì due modifiche, la prima nel 2008 e la seconda nel 2010. Il 21 febbraio 2013, i ministri della Difesa degli Alleati annunciarono testualmente che il modello “Nato Response Force” sarebbe stato al centro dell'iniziativa delle forze connesse, al fine di mantenere la prontezza e l'efficacia del combattimento dell’Alleanza Atlantica”. E di qui, al vertice tenutosi in Galles nel settembre 2014, si pensò d’introdurre la Very High Readiness Joint Task Force, che porterà alla futura transizione dell’Arf, in quanto quest’ultimo sarà in grado di poter dispiegare mezzi truppe in maniera rapida, oltre alla capacità di poter rispondere a qualsiasi sfida o minaccia futura. Tra il 2015 ed il 2016 si tennero diverse esercitazioni multinazionali tra le quali la Trident Juncture ed altre manovre congiunte, che videro oltre 5.000 militari impegnati in attività aeree, marittime ed operazioni speciali, mediante i Sof, ovvero le Special Operation Forces.

Raggiunta la piena operatività, si apprende, la Nato guardava al vertice di Varsavia del 2016, un evento durante il quale fu annunciato il raggiungimento di tutti obiettivi strategici prefissati, avendo coinvolto anche per la prima volta, la Polonia, durante le manovre Noble Jump, alla quali presero parte ben 9 nazioni alleate con 2.100 unità.
Il 10 Febbraio dello stesso anno, fu successivamente raggiunta la capacità operativa iniziale, detta anche Cio, per attivare la Joint Intelligence, Surveillance and Reconnaissance. Mentre a Varsavia, il 9 luglio 2016, i leader alleati si predisponevano all’attuazione del programma per la preparazione Rap ed all’introduzione una nuova Very High Readiness Joint Task Force, con il fine di poter usufruire di un rapido dispiegamento di militari, entro due o tre giorni al massimo. Nel 2018 con l’esercitazione Trident Juncture, in Norvegia che durò fino al 2019, fu testata anche la 9a Panzerlehrbrigade, Quest’ultima, oltre la Germania, vide il coinvolgimento di circa 51.000 militari. Il 2021, invece, fu effettuata l’esercitazione Noble Jump II, durante la quale furono schierati, in Romania, circa 4.000 soldati provenienti da 12 paesi. Oltre a questa, però si svolsero anche le manovre Steadfast Defender con il fine di testare le risposte rapide, in maniera congiunta tra le forze partecipanti.

Le prove tecniche per l’attuazione “dell’alta prontezza”, invece, furono attivate nel febbraio 2022, E, sempre nello stesso anno, mediante la Cold Response, in Norvegia, furono dispiegati oltre 30.000 soldati provenienti da 27 paesi, per sviluppare la capacità della Nfr e “facilitare la Norvegia ad integrarsi con le forze armate di altri alleati”. Ma, il nuovo modello che produrrà più forze a livello “high-readiness”, in tutti i settori, venne stabilito, però, durante il vertice di Madrid, avvenuto nel giugno 2022, che portò, poi, a quello di Vilnius, nel luglio 2023, durante il quale. si apprende, “i leader della Nato si basarono sulle loro decisioni di Madrid per approvare una nuova generazione di piani di difesa regionali, con il fine d’istituire una nuova forza di reazione alleata multinazionale e multidominio, che porterà alla transizione del modello Arf.


La transizione

Sotto la guida dell’Allied Joint Command a Brunssum, si è svolta un’importante parte della storia della Nfr. Il suo peso strategico e l’esperienza, si recepisce, continueranno a garantire tutti quei processi di transizione, attualmente in atto, al sistema Arf, con la finalità di mantenere gli stessi standard di prontezza. Tra le più importanti impressioni degli addetti ai lavori, risulta significativa quella del responsabile del comando della forza congiunta alleata Brunssum, il generale Miglietta, il quale sulla questione avrebbe testualmente affermato che: "L'evoluzione da Nrf a Arf rappresenta, non solo un cambiamento strutturale, bensì una trasformazione nella nostra mentalità strategica. Siamo pronti ad affrontare nuove sfide con maggiore agilità e determinazione".

La transizione esplicita una trasformazione per la capacità di risposta della Nato. Tale processo avviene mediante la possibilità d’impiegare un numero più ampio di personale, proveniente da più forze ed impegnato in tutti i paesi dell’Alleanza Atlantica. Il fine secondo quanto riferisce l’Allied Joint Force Commmand, è proprio quello di garantire una maggiore inclusività atta ad offrire “una capacità di risposta più dinamica”, oltre ad equilibrare le minacce ibride e quelle convenzionali, a pari competenze, con quelle degli avversari. Ma cosa cambia in sostanza?
Secondo le dichiarazioni ufficiali, la Nato introduce un “nuovo un sistema di prontezza che è programmato su 3 livelli di risposta. Quest’ultimo schematizza le proprie risorse, in virtù della loro rapidità d’impiego e la capacità operativa nel loro dispiegamento. Tale strategia, si recepisce, sarà utile a favorire “un migliore coordinamento , efficienza e deterrenza” in quelle operazioni attuate per fronteggiare le minacce, che saranno gestite in maniera più agile e precisa.

Il modello Arf per le risposte multi-dominio ed umanitarie

Nuovo impiego della Arf, quindi, che dal 1 Luglio 2024 scende in campo. Un sistema di deterrenza e difesa dell’area-atlantica che sarà efficace, sia in tempo di pace, che durante le operazioni utili all’interno degli scenari di crisi e terrorismo. Ma, soprattutto in tutte quelle dinamiche in multi-dominio, dove si opererà con tempi di reazioni “brevi”, rispetto al passato.

A coprire il ruolo di quartier generale sarà l’Ndrc-Ita. Quest’ultima fornirà al Supreme Allied Commander Europe “un’immediata capacità di risposta oltre alle strutture” per il sistema Arf. Le missioni ricadranno nel quadro delle operazioni umanitarie comprese le condizioni di catastrofe, come le Non Combatant Evacuation Operations, conosciute come Neo e le Humanitarian Assisastance Disaster Response, ovvero Hadr.

Un cambio di marcia dettato dalle recenti instabilità geopolitiche, che vedrà in Solbiate Olona, a Varese, il suo cuore pulsante.

Una strategia di difesa e deterrenza comune che in “maniera orizzontale e verticale”, non mira solo alla protezione dei confini dei paesi dell’Alleanza Atlantica, mediante un rapido intervento, bensì, è la transizione ad un nuovo sistema, che nel contempo, punta a sviluppare un modello, anche di supporto ausiliario, per la risposta umanitaria e le catastrofi.

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