
Nel pomeriggio di ieri, secondo il fuso orario italiano, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si è sentito telefonicamente col suo omologo russo Vladimir Putin per discutere di una possibile tregua del conflitto in Ucraina. Lo stringato comunicato stampa della Casa Bianca post colloquio tra i due capi di Stato, però, evidenzia che Putin e Trump hanno discusso anche di Medio Oriente. Si potrebbe pensare che tale argomento sia stato preso in carico per via della situazione a Gaza, dove sono ricominciati i bombardamenti israeliani, ma non è solo per questo.
Secondo il comunicato, i due leader hanno convenuto che il Medio Oriente sia una regione di potenziale cooperazione per prevenire futuri conflitti, pertanto la necessità di trovare punti di accordo prende le mosse soprattutto dalla situazione nel Mar Rosso, dove la nuova amministrazione statunitense ha dato il via a una campagna di bombardamenti più incisiva, nel tentativo di disarticolare il sistema di comando e controllo degli Houthi, di eliminare depositi di munizioni e di colpire la presenza iraniana in Yemen, fatta presumibilmente da personale della Forza Quds dei pasdaran, deputata al sostegno dei proxy di Teheran e a compiere azioni asimmetriche al di fuori dell'Iran.
Lunedì 17 marzo, infatti, il presidente Trump ha esplicitamente collegato le azioni dei ribelli Houthi all'Iran, avvertendo Teheran che avrebbe “subito le conseguenze” per ulteriori attacchi da parte del gruppo. Descrivendo gli Houthi come “sinistri gangster e delinquenti”, Trump ha avvertito che qualsiasi attacco da parte del gruppo sarebbe stato accolto con “grande forza, e non c'è garanzia che quella forza si fermerà lì”. Il presidente statunitense ha inoltre avvisato che “l'Iran ha interpretato 'la vittima innocente' di terroristi canaglia di cui ha perso il controllo, ma non ha perso il controllo” aggiungendo che “stanno dettando ogni mossa, dando loro le armi, fornendo loro denaro ed equipaggiamento militare altamente sofisticato e persino la cosiddetta 'intelligence'”.
La Casa Bianca ha ben presente, poi, che l'Iran ha approfondito i propri rapporti con la Russia grazie al conflitto in Ucraina: come sappiamo, Teheran fornisce droni all'esercito russo, tra cui le loitering munitions Shahed-136 ormai costruite su licenza in Russia, ma soprattutto a gennaio di quest'anno i due Paesi hanno siglato un trattato di partenariato strategico che li lega anche dal punto di vista militare. Questo nuovo capitolo di relazioni strategiche tra Mosca e Teheran, infatti, sebbene non obblighi i due Paesi a mutua assistenza in caso di attacco, li obbliga a non offrire alcun aiuto militare o di altro tipo a un aggressore che attacca un'altra parte. Soprattutto la Russia aiuterà l'Iran sotto il profilo economico, ma sarebbe meglio dire che l'aiuto sarà reciproco, considerando che entrambe sono sottoposte a sanzioni internazionali da tempo: il patto infatti prevede di coordinare la loro risposta a tali restrizioni e facilitare i pagamenti in valute nazionali. L'accordo prevede anche lo scambio di informazioni di intelligence e la cooperazione su questioni di sicurezza.
La Casa Bianca sa quindi che se vuole far cessare gli attacchi degli Houthi, considerando che non ha nessuna intenzione di spendersi in una più vasta operazione militare dispiegando truppe sul terreno, dovrà necessariamente strangolare economicamente l'Iran in modo da togliere i fondi utilizzati per sostenere i suoi proxy all'estero, tra cui gli Houthi.
Non è infatti un caso che, quasi in concomitanza con i nuovi e più vigorosi bombardamenti in Yemen, gli Stati Uniti abbiano elevato nuove sanzioni e provvedimenti per colpire l'industria petrolifera iraniana, che rappresenta la prima fonte di introiti del Paese.
Oltre a questa principale questione, sicuramente i due presidenti hanno affrontato anche la questione della presenza russa in Medio Oriente, ovvero in Siria dove nonostante il ridimensionamento persiste un contingente militare presso la base aerea di Hmeimim, e in Nord Africa, dove operano i contractor russi raggruppati sotto il nome di “Africa Corp”.
La presenza russa in quel continente non si limita alla sua parte settentrionale: in tutta l'Africa subsahariana sono attive le milizie paramilitari russe che hanno preso il posto delle forze occidentali nel tentativo di stabilizzare la regione e combattere terrorismo e insorgenti, ma è stata anche presa in considerazione la penetrazione in Sudan, dove Mosca è riuscita a strappare un accordo per stabilire un porto sul Mar Rosso da dove può controllare le linee di navigazione Nord America-Europa-Asia e soprattutto proiettare la propria presenza più in profondità nell'Oceano Indiano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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