Licenziata dalla Cgil anche se ha il cancro. La vittima è una dipendente dell’Inca di Andria, Anna Dalò. Assunta nell’86, dirigeva il servizio infortuni e malattie professionali, con uno stipendio di 1.000 euro al mese per 30 ore settimanali. Sul suo tavolo una risma di certificati medici agghiaccianti, datati dal 26 novembre 2009 al 30 aprile 2010, di cui Il Giornale è in possesso. In quei mesi era assente per curarsi, ma il primo sindacato italiano l’ha licenziata. Da qui la denuncia per stalking, mobbing, diffamazione e richiesta di indennizzo.
Il licenziamento è datato 27 aprile, durante la malattia certificata dai medici. Dopo i primi malesseri di novembre 2009 (debolezza, tachicardia e altre sintomatologie) la Dalò va da un endocrinologo che le diagnostica una «intensa ed antica patologia tiroidea»: la ghiandola è invasa da noduli che potrebbero essere maligni. La donna si riempie di farmaci, deve stare a casa in attesa dell’intervento per rimuovere la tiroide. L’attesa finisce il 5 marzo. Ma non basta. La neoplasia è davvero maligna e dunque la dipendente Cgil pugliese è ancora a rischio.
Tutto documentato? Non per il dirigente del patronato Inca di Andria, Liano Nicolella. La pietra del contendere è l’ultimo certificato medico. Secondo la Dalò quel foglio era stato lasciato alla portineria dell’Inca dal figlio, non da lei personalmente, come altre volte era successo. Dopo il richiamo ufficiale per «assenza ingiustificata» della Cgil la Dalò (che abita a 20 metri dall’ufficio) ha chiesto al suo medico una copia del certificato per rispondere formalmente alla Cgil. Ma una volta tornata in ufficio da «malata» per capire se fosse tutto in regola, il dirigente nei corridoi non avrebbe voluto sentire ragioni. Solo al rientro, il 19 aprile, le è stato comunicato il licenziamento, arrivato per raccomandata il 27 aprile. «Sono sconcertata», ha detto la donna: «Al mio rientro ero invisibile. Nessuno mi parlava, mi salutava o voleva prendere un caffè con me». E nessuno, aggiunge, «mi ha neppure chiesto “come stai”».
Ma l’assenza ingiustificata può portare al licenziamento, come è avvenuto nei giorni scorsi anche alla Cgil di Ragusa? Stando all’articolo 21 del regolamento Cgil ci vorrebbe un’accusa di furto, trafugamento di documenti o reati compiuti nell’attività sindacale. Eppure per il segretario della Cgil Bat Gianni Forte la denuncia della Dalò «è una «decisione sorprendente». «L’11 maggio l’abbiamo convocata per ricomporre bonariamente il contenzioso - dice Forte -, la signora valuti bene la sua decisione». Dietro il licenziamento ci potrebbe anche essere un movente «politico».
La donna infatti è la moglie dell’ex sindaco Pd di Andria, Vincenzo Caldarone, uscito dal partito 3 anni fa non senza polemiche. Al telefono Caldarone risponde indirettamente al dirigente Cgil: «Non ci sarà alcuna conciliazione. Andremo fino in fondo».felice.manti@ilgiornale.it
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