Hamas ringrazia ancora D’Alema «Ha ridotto il nostro isolamento»

Gli unici a regalare un po’ di soddisfazione a Hamas e ai suoi leader sono ormai i governanti italiani. Dopo i riconoscimenti prodiani di Ferragosto ci riprova, sabato, il ministro degli Esteri Massimo d’Alema inneggiando alla riconciliazione palestinese. Hamas, come sempre, incassa e ringrazia. Nei comunicati del movimento integralista le dichiarazioni del ministro degli Esteri diventano l’immediata dimostrazione che l’assedio politico si allenta e la compattezza occidentale si va sgretolando. «Quelle dichiarazioni confermano che qualsiasi esclusione di Hamas dal processo politico porta inevitabilmente a un fallimento», spiega il portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri.
Nell’analisi integralista le parole di D’Alema comprovano insomma le divisioni dell’Occidente, l’isolamento degli Stati Uniti e la velleità di qualsiasi tentativo di pacificazione basato sull’esclusione di Hamas. A partire da quella conferenza sul Medio Oriente programmata da Washington per il prossimo autunno. «Le divisioni fra quanti sostengono l’assedio politico aumentano - spiega Zuhri -, mentre l’isolamento di Hamas diminuisce e si moltiplicano le prese di posizioni di quanti chiedono di dialogare con noi». Massimo D’Alema insomma è servito. Il suo discorso, a pochi giorni dall’incontro con il ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni in cui discuterà la posizione italiana sulla conferenza d’autunno, diventa - nell’interpretazione integralista - il discorso di un guastatore. Anche senza le interferenze di Hamas, D’Alema non aveva molte speranze di convincere il suo omologo di Gerusalemme. A Ferragosto Tzipi Livni era stata la più dura nel condannare le aperture a Hamas del presidente del Consiglio Romano Prodi liquidandole come un «colossale errore».
Neppure i palestinesi sembrano, però, in sintonia con il responsabile della Farnesina. «Se Israele avesse sostenuto di più Abu Mazen qualche anno fa, forse oggi avremmo meno Hamas», azzardava sabato Massimo D’Alema. A giudicare dai fatti il presidente palestinese sembra il primo, però, a esigere la rottura totale con Hamas. Ieri i suoi portavoce hanno confermato l’annunciato decreto di riforma della legge elettorale studiato per escludere il movimento integralista dalla competizione elettorale o, al caso, rendere assai improbabile una sua vittoria. In base al nuovo decreto potranno partecipare alle elezioni solo i movimenti che riconoscono i principi dell’Olp, lo Stato d’Israele e tutti i trattati tra lo Stato ebraico e l’Autorità palestinese. Hamas sembra dunque escluso a priori. L’eliminazione delle liste distrettuali e la concentrazione di tutti i candidati di un partito in una lista nazionale rende in ogni caso improbabile una sconfitta di Fatah simile a quella registrata nel 2006. Da Gaza i portavoce di Hamas hanno subito ribadito l’illegittimità del decreto, ricordando che solo il voto del Parlamento può cambiare la legge elettorale.
Neppure a Gaza la parola riconciliazione sembra, comunque, andare per la maggiore.

Dopo gli scontri di venerdì tra i miliziani fondamentalisti della Forza Esecutiva e i sostenitori di Fatah riunitisi in preghiera nelle piazze della città un esponente del governo di Hamas ha vietato tutte le funzioni religiose al di fuori dalle moschee. Nella Gaza integralista anche pregare è, insomma, diventato fuorilegge. Soprattutto se non si rispettano gli ordini dei nuovi padroni.

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