Hamas s’inventa l’indulto islamico: sconti di pena a chi impara il Corano

Pagati per errore gli stipendi dei miliziani integralisti con i fondi dell’Occidente

Hamas s’inventa l’indulto islamico: sconti di pena a chi impara il Corano

Hamastan, ovvero il sogno che prende forma. L’avevano promesso prima del ritiro israeliano: «Trasformeremo Gaza nel primo nucleo della Palestina islamica». Ora i capi di Hamas ci stanno provando.
Negli ospedali nuovi funzionari e nuovi medici barbuti occupano i posti lasciati liberi dai primari e dai dirigenti di Fatah mandati a casa o in galera. Nelle prigioni nuove regole concedono condoni di pena proporzionali al numero di versetti del Corano recitati a memoria dai detenuti più devoti.
A rendere più dolce la transizione concorrono gli errori dei distratti «nemici» di Fatahland, pronti a girare sui conti dei miliziani fondamentalisti mesi di stipendi arretrati. La notizia circolata mercoledì e confermata dall’inchiesta ordinata ieri da Salam Fayyad, premier del governo di emergenza insediatosi a Ramallah dopo la cacciata di Fatah da Gaza, ha il sapore amaro della beffa. Una parte consistente dei primi soldi versati dalla comunità internazionale all’esecutivo di Ramallah sarebbe stata utilizzata per pagare un anno di stipendi arretrati a 3.500 militanti di Hamas.
Stando alle spiegazioni ufficiali tutto è dovuto alla distrazione di un informatico del ministero delle Finanze, colpevole di avere confuso la lista dei militanti nemici con quella dei miliziani di casa. Il successivo, inarrestabile avvio del programma computerizzato di pagamento avrebbe concesso un inatteso regalo ai primi e lasciato a secco i secondi.
L’inattesa strenna rischia però di avere serie ripercussioni politiche e di mettere a dura prova la sincerità di quanti, dal presidente Mahmoud Abbas in giù, giurano di non voler avere nulla a che fare con Hamas. «Questo è il segno inequivocabile - insinuano all’interno di Hamas - che il presidente Abbas ha bisogno di noi».
A dar retta ai fondamentalisti, il regalino, concesso anche grazie ai milioni di dollari in entrate fiscali versati da Israele, rappresenterebbe un primo segreto tentativo di riconciliazione.
Le cronache della Striscia non sembrano confermare queste indiscrezioni. A Gaza sembra piuttosto cominciata la grande purga destinata a sostituire i funzionari pubblici fedeli al presidente Abbas con gli zeloti della nuova ortodossia fondamentalista.
Il primo a farne le spese è stato il dottor Jomma Saka, un medico dello Shifa Hospital colpevole di aver notato una notevole riduzione delle forniture mediche dopo la vittoria fondamentalista. Accusato di fare il gioco di Fatah, licenziato e mandato a casa, il dottor Saka è stato arrestato assieme al figlio diciottenne la notte successiva. Da allora la moglie non ha avuto notizie né del figlio, né del marito.
Il dottor Saka - se sarà condannato al carcere - potrà avvantaggiarsi delle nuove regole introdotte nelle prigioni di Gaza e guadagnarsi uno sconto di pena mandando a memoria le 30 parti che compongono ciascuna delle 144 sure del Corano. «Il Corano è parte della nostra vita, e usarlo in questo modo spinge i criminali a passare il tempo facendo qualcosa di utile per se stessi e il proprio spirito», spiega Eli Ehmeid, il direttore della prigione centrale di Gaza City. Secondo Ehmeid, è sufficiente memorizzare le circa 20 pagine di una sola una parte per vedersi abbonare un mese di prigione. Cinque parti valgono addirittura un anno, mentre dieci spiattellate alla perfezione cancellano 24 mesi di pena.
Lo slogan «più Corano, meno carcere» è stato inventato da Jamal Jarrah, alias Abu Obaida, capo di quella forza esecutiva di Hamas impostasi su Hamas a colpi di gambizzazioni, rapimenti ed esecuzioni sommarie. «Il Corano insegna le buone maniere - assicura Ali Ehmeid -, e Dio sa se questi uomini ne hanno bisogno». Il primo a dargli ragione è Nahed Hlaiel, che si trova in prigione per bancarotta fraudolenta: «Non studiavo queste cose da molto tempo - ammette - ma ora ho capito che il Corano mi fa bene, ed è giusto leggerlo con attenzione».


Per meglio controllare l’applicazione della nuova regola, il dicastero per gli Affari religiosi ha comunque costituito un’apposita commissione responsabile - secondo il direttore del carcere «di verificare se i detenuti hanno memorizzato correttamente i versetti sacri».

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