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Ecco perché Google venderà Chrome. I retroscena e cosa significa per gli utenti

Il ministero della giustizia Usa ha raccomandato la vendita del browser più diffuso al mondo per limitare il monopolio sulle ricerche web. Come si è arrivati a questa decisione e le ripercussioni sugli utenti

Ecco perché Google venderà Chrome. I retroscena e cosa significa per gli utenti
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La nuova presidenza Trump non è ancora iniziata ma per Silicon Valley i problemi sono già iniziati. Secondo quanto riportato da Bloomberg, il Dipartimento di Giustizia starebbe per richiedere ad un giudice federale di ordinare a Google di vendere il browser Chrome. La mossa non è che l’ultimo sviluppo di un caso che ha visto Alphabet accusata di aver abusato di un monopolio di fatto nelle ricerche web per eliminare la concorrenza. Se manca ancora qualche mese al giudizio finale, la vendita di Chrome, il più diffuso browser al mondo, potrebbe impattare l’ecosistema di Google ed avere conseguenze immediate sulla vita di milioni di utenti in tutto il mondo.

Abuso di posizione dominante

Secondo quanto riportato da Bloomberg, il ministero della giustizia statunitense starebbe per raccomandare al giudice Amit Mehta, che lo scorso agosto aveva condannato Google per aver sfruttato la sua posizione dominante nelle ricerche web per alimentare la pubblicità online, di vendere al più presto il browser Chrome ma anche di fornire ai siti web opzioni per fare in modo che i sistemi di intelligenza artificiale di Google non siano in grado di raccogliere dati per raffinare le pubblicità mirate. La questione è piuttosto seria, visto che, secondo gli ultimi dati forniti dal sito specializzato Statcounter, Chrome è usato da 66,7% degli utenti di browser, una percentuale enormemente superiore al 18% del rivale di Apple Safari o il 5% di Microsoft Edge. In gioco c’è la torta enorme della pubblicità online, 65,9 miliardi di dollari solo nell’ultimo trimestre, oltre tre quarti degli 88,3 miliardi di ricavi dichiarati dalla galassia Google.

Department of Justice stemma

La decisione del governo federale non è ancora ufficiale, ma sarebbe una diretta conseguenza della sentenza dello scorso agosto, nella quale il giudice Mehta aveva condannato Google per aver messo in piedi accordi di distribuzione esclusivi con molti partner, abbassando artificialmente il prezzo della pubblicità sulle ricerche testuali per far fuori la concorrenza. Il Dipartimento della Giustizia è andato oltre, accusando esplicitamente Google di aver siglato accordi con i costruttori di computer e cellulari per fare in modo che il motore di ricerca di default fosse sempre Chrome. Questa chiara violazione delle leggi antitrust in vigore negli Stati Uniti deve essere in qualche modo corretta: la vendita di Chrome sarebbe solo uno dei metodi per rompere questo monopolio di fatto ma non l’unico. Entro aprile, infatti, arriveranno altre raccomandazioni, prima del giudizio in appello del prossimo agosto.

ChatGpt potrebbe approfittarne

Se il giudice accetterà la raccomandazione, il mercato delle pubblicità online potrebbe essere rivoluzionato. Google teme che, senza i dati di Chrome, la crescita di Gemini potrebbe rallentare molto. La risposta della ditta di Mountain View è stata netta: “il Dipartimento della Giustizia continua a promuovere un’agenda radicale che va ben oltre le questioni legali”. A pagarne le spese sarebbero i consumatori. In realtà, il DoJ aveva pensato di forzare Google a vendere Android per cambiare idea all’ultimo minuto. Dal punto di vista dell’utente, niente cambierà nell’immediato, visto che c’è ancora tempo prima di un ordine esecutivo.

ChatGPT app

Non è chiaro cosa succederà da ora al prossimo aprile ma è probabile che l’antitrust Usa consigli a Google di isolare Android dal resto dei prodotti del suo ecosistema, dal motore di ricerca a Google Play ma tutto è ancora in gioco. Resta da capire chi potrebbe essere interessato all’acquisto del browser, visto il prezzo esorbitante: sarebbe una perfetta acquisizione per Amazon ma il gigante del commercio online ha già problemi con l’antitrust.

Secondo Mandeep Singh, un’analista di Bloomberg, OpenAi sarebbe l’acquirente perfetto: in questo modo avrebbe un canale di distribuzione e vendita di pubblicità online per rendere ancora più sostenibili gli investimenti in ChatGpt.

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