Arriva in Italia l’evento artistico del 2010, un appuntamento che coinvolge alta società e côté mondano facendo leva sui contrastanti sentimenti - genio o impostura sollecitati da Damien Hirst, ovvero il numero uno al mondo. In the Love for God , la sua opera più provocatoria, è installata da oggi al 1˚ maggio 2011 a Palazzo Vecchio di Firenze, in una stanza attigua allo studiolo di Francesco I, capolavoro del manierismo completato tra il 1570 e il 1575 su progetto del Vasari. Immerso nel buio appare l’ormai leggendario teschio. Bellissimo e tentatore. È il calco in platino di un cranio umano appartenuto a un giovane del ’700, tempestato da 8.604 diamanti purissimi, per un totale di 1.106,18 carati, sulla cui fronte è incastonato un diamante rosa a forma di goccia. L’opera, creata nel 2007, è stata esposta finora solo in due occasioni, alla «White Cube» di Londra, la galleria di Jay Jopling che lavora con Hirst fin dagli esordi, e al Rijksmuseum di Amsterdam. Un evento, più che una mostra, che ha attirato oltre 250mila persone. Ora il battesimo italiano, seguito da un party degno del jet set internazionale e accompagnato da immancabili polemiche sul ruolo di Arthemisia, la società organizzatrice vicina alla giunta Renzi, e sull’opportunità di un evento così effimero in un momento di grande sofferenza dei musei d’arte contemporanea, provocazione lanciata da Achille Bonito Oliva e ripresa da Marco Bazzini, direttore del Centro Pecci di Prato. Damien Hirst si presenta all’intervista con giubbotto da biker, t-shirt, cappellino in lana arancione, fedele al look da periferico di quando si abbandonava agli eccessi, mentre ora beve solo acqua e mangia frutta.
Dalla periferia di Leeds al tetto del mondo. Come fa un giovane sfigato a diventare l’artista più figo di tutti?
«È il sogno americano, o il sogno italiano. Lo stesso che accade nel calcio: come è possibile che uno che vive in un villaggio africano possa avere successo? Lo stesso vale per l’arte,perché viviamo in una realtà globale. All’inizio non era così, c’è voluto davvero tanto per arrivare fin qui».
For theLove of God da sola riesce
ad attirare tantissima gente, fatto inconsueto per un’opera d’arte contemporanea. Si tratta forse di un’icona religiosa o di un exvoto che può concederti la grazia?
«Ho una casa in Messico e lì c’è una festa dei morti e questo mi ha dato molto da pensare.Ma forsec’è un altro motivo: mettendo insieme il teschio ai diamanti ho provato a mostrare alla gente ciò che di solito le persone non vogliono vedere, cioè la morte. Si può interpretare come un teschio sorridente o urlante, è la celebrazione di qualcosa difficile da accettare, che non si ha voglia di guardare in faccia.Poi c’è chi pensa che la ricchezza e il denaro possano superare il potere della morte, e in qualche periodo qualcuno l’ha creduto, ma non è così».
La sua arte tenta il miracolo di farti vedere l’impossibile, ciò che si chiama osceno perché è fuori dalla scena. Dopo lo squalo immerso in formalina, un teschio di diamanti da proteggere come il tesorodella regina.Ma è più importantel’opera o il mito che le si crea attorno?
«Entrambi, ma in ultima analisi è più importante l’opera d’arte. Il resto, ovvero la mitologia, l’esagerazione mediatica, le infinite riproduzioni, non fanno che attirare l’attenzione. Ora, quello che mi interessa realmente è che si possa stabilire un grande rapporto con l’oggetto, che non ti deluda una volta che tu da spettatore ci sei di fronte, che tu continui a pensarci anche dopo uscito dalla mostra».
Dopo la grande mostra al Museo Oceanografico di Montecarlo, l’installazione nello studiolo di Francesco I... ha abbandonato il cubo bianco degli spazi contemporanei e allestisci le tue opere in luoghi segnati dalla storia.Dove preferisce esporre attualmente?
«Le due cose vanno insieme. Il minimalismo da una parte, il caos dall’altra. A me piace moltissimo l’idea della stanza bianca, della scatola vuota, però anche l’azione, il movimento, il disordine di una città, ecco perché ho amato due luoghi carichi di storia».
Che rapporto hanno isuoi lavori con la storia dell’arte e in particolare Forthe Loveof God con laVanitas d’epoca barocca?
«Per me c’è una lineaininterrotta che ci collega all’uomo delle caverne: da qualche parte l’idea che sta dietro l’arte è sempre la stessa... quindi sì, forse è una Vanitas del nostro presente».
Per avvicinarsi correttamente allesue opere, è meglio comportarsi come dei fan oppure cercare un ragionamento critico?
«Non mi interessa,l’importante è che
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