La «holding» delle carte clonate

Effettuavano acquisti di materiale hi-tech in Italia con carte di credito clonate e poi rinvestivano i soldi comprando immobili nel loro paese. Con questa accusa una banda di nigeriani è stata arrestata ieri mattina dai carabinieri della capitale dopo aver «operato» per oltre 320mila euro. Si è conclusa così l’operazione «Black cards», un’inchiesta durata un anno.
Funzionava così: alcuni hackers con basi all’estero (soprattutto a Londra) carpivano i dati delle carte di credito degli ignari correntisti tramite internet. Poi li inviavano ai nigeriani che operavano acquisti hi-tech in Italia. Il ricavato ottenuto dalla vendita della merce illecitamente acquistata veniva reimpiegato per l’acquisto di beni immobili in Nigeria. Sei gli arrestati in esecuzione di altrettante ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal tribunale di Roma.
I malviventi avevano creato una complessa rete internazionale per la clonazione di carte di credito. Sono stati scoperti dopo un’inchiesta iniziata nell’agosto scorso quando due africani furono fermati in un negozio situato in via del Corso mentre erano intenti ad acquistare scarpe con una carta di credito clonata. Secondo quanto accertato dai carabinieri della stazione di San Lorenzo in Lucina, i nigeriani avevano contatti con alcuni hacker, anche loro di nazionalità nigeriana, residenti in Malesia, Nigeria e Inghilterra che fornivano ai connazionali che vivevano in Italia i codici e i nominativi delle carte di credito di cittadini stranieri. Le card venivano succesivamente clonate utilizzando delle speciali attrezzature: i supporti magnetici su cui venivano impressi i numeri delle carte di credito clonate venivano spedite in Italia dall’Inghilterra così come i documenti d’identità falsi.
In soli quattro mesi (dall’agosto 2007 a dicembre) gli uomini dell’Arma hanno accertato circa duemila acquisti effettuati con le carte clonate per un costo complessivo di 320mila euro. Il guadagno medio giornaliero per ogni componente dell’organizzazione era di circa mille euro.
In particolare i nigeriani erano interessati all’acquisto di materiale hi-tech: televisori al plasma, cellulari e personal computer di ultima generazione. La merce acquistata veniva poi spedita in Nigeria dove era messa in vendita a basso prezzo: i guadagni erano reinvestiti nell’acquisto di immobili.
Sei gli arrestati (cinque uomini e una donna, con età compresa tra i 25 e i 40 anni) con l’accusa di associazione a delinquere, falsificazione di documenti e riciclaggio di beni. Per altri sei è stato previsto l’obbligo di firma giornaliero.


L’organizzazione aveva la propria base operativa nei quartieri Tor Bella Monaca e Giardinetti ma poteva contare anche su un supporto logistico di un connazionale a Ravenna. È il primo caso che vede implicati, nella capitale, nigeriani nella clonazione di carte di credito o bancomat.

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