Per i bambini una magica prima volta

«Non attacca, ti dico che non attacca. Vieni a ripararti sotto l'ombrello», dice il nonno spazientito alla nipote, che ha gli occhi fissi al cielo e la bocca spalancata in un sorriso che non si può descrivere. È la nevicata dei bambini, quelli che la neve a Roma non l’hanno mai vista, nemmeno su un giornale, in una foto sbiadita lasciata in un cassetto. I più piccoli si inseguono davanti alle scuole, girano in cerchio, ridanno ossigeno e colore all’asfalto affogato nel bianco. I più grandi si minacciano davanti a quelle stesse scuole, o ad altre ancora lì vicino, graffiano senza guanti i vetri delle macchine e confezionano palle da lanciare, proiettili morbidi anche alla massima gittata. «Oggi non siamo entrati, speravamo finisse così», ammette Alessandro, che frequenta il Giulio Cesare. Poi prende la mira e colpisce una biondina in tiro lì di fianco, che si finge offesa.
Non è la nevicata dei turisti bardati a festa e a freddo nel centro storico, anche se molti sosterranno il contrario. Chi viene da fuori usa il bilancino, fa paragoni tra la sua capitale e la nostra capitale, tra le sue nevicate e la nostra di nevicata. Che è unica e solitaria nello splendore della sua rarità. È lo straordinario che irrompe nel quotidiano a dettare i tempi dello stupore, a trascinare gli anziani alle finestre, a sfidare il gelo in pigiama per affacciarsi dai balconi, ad aprire la finestra per respirarla la neve, sentirne l’odore pungente, secco. A guardare per minuti quei coriandoli bianchi che fendono l’aria, che si appoggiano lenti e si ricongiungono al suolo. «Che meraviglia», è l’esclamazione unanime da Ostiense a Monteverde, dall’Eur al Tiburtino.
Il Pantheon e il Colosseo, San Pietro e il Campidoglio perdono la patina d’antico e ne acquistano una lucente, brillante. «Io me la ricordo quella del ’56, quando arrivò a mezzo metro e per strada non si poteva camminare. Questa in confronto è uno scherzo», dice seria Maria Assunta Serangeli, 73 anni, vicino piazza Colonna. Poi, però, si scioglie: «È stupenda, non crede?». In tanti si riparano con l’ombrello, con la fretta di sempre, il passo spedito e l’attenzione rivolta a non scivolare. Tanti altri, però, vogliono godersela, passo dopo passo, centimetro per centimetro. Sono quelli che l’ombrello lo tengono chiuso, che si vede che si trattengono, che vorrebbero pure loro prendere qualcuno a palle di neve, improvvisare un pupazzo su via della Conciliazione o indossare un paio di sci su via Nazionale. Sono quelli che mollano tutto e iniziano a girare in lungo e in largo, per scattare le foto ai monumenti o al quartiere, al palazzo imbiancato e alla macchina irriconoscibile. Sono quelli lenti, per fortuna, per una volta.

Per poco purtroppo: perché poi arriva il sole a rovinare la festa. È un sole timido, incerto, che non rassicura, che scalda poco. Che quasi si sente in colpa per avere rotto l’incanto, per averlo rimandato a chissà quando.

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