I "farmer" inglesi temono il futuro

Anche per gli agricoltori britannici la Brexit è stata poco meno di una rivoluzione. Da un giorno all'altro hanno dovuto rinunciare a circa 3 miliardi di euro in aiuti europei

I "farmer" inglesi temono il futuro

Anche per gli agricoltori britannici la Brexit è stata poco meno di una rivoluzione. Da un giorno all'altro hanno dovuto rinunciare a circa 3 miliardi di euro in aiuti europei. A intervenire in loro sostegno sarà lo Stato, che però si muoverà secondo le linee di una profonda riforma presentata all'inizio del 2021.

Il principio di base è quello di sostituire, nell'arco di qualche anno, i versamenti diretti calcolati per ettaro con versamenti che tengano conti dei beni pubblici messi a disposizione dai contadini a favore della collettività. Nel nome della biodiversità le aziende agricole potranno essere «premiate», per esempio se realizzano siepi che faranno da rifugio ad animali e insetti. Sempre a titolo di esempio, nel nome della preservazione del paesaggio saranno invece finanziate opere come muretti che ostacolino l'erosione del suolo. E cosi via.

In questo modo si intende correggere l'ingiustizia del sistema attuale, che premia le aziende di grandi dimensioni al di là della loro utilità sociale. Con la conseguenza che tra i grandi beneficiari della politica agricola comune c'erano fino alla Brexit la regina Elisabetta, il miliardario James Dyson e il principe saudita Khalid Abdullah Al Saud, tutti titolari di enormi tenute agricole.

Il nuovo sistema richiederà un lungo periodo di adattamento e non mancano le incertezze.

A spaventare gli agricoltori britannici sono sopratutto gli accordi di libero scambio che il loro paese ha iniziato a concludere una volta liberatosi dai vincoli Ue. Nei giorni scorsi è arrivata un'intesa con l'Australia, ma per i prodotti agricoli il periodo di adattamento, con la progressiva caduta delle tutele per gli agricoltori, è di 15 anni.

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