I manager si ridanno i superbonus

Hanno mandato in fumo il denaro altrui, ma oggi tornano a compensi da favola. E il numero uno di Gm ottiene 8 milioni di dollari per ritirarsi. Ai vertici di Goldman Sachs premi da 200mila euro per un trimestre

I manager si ridanno i superbonus

Washington - Mandano in fumo denari (altrui). Polverizzano, grazie ai loro scientifici quanto madornali errori, milioni di euro e di dollari e finiscono per venire premiati. Gli irriducibili del bonus, avvinghiati sempre e comunque al «premio partita» di una partita che hanno fatto perdere solo a migliaia di risparmiatori e investitori sparsi nel mondo, non mollano mai. Ridono e sorridono, alla faccia delle rovine del vicino di casa, portandosi a casa gratifiche da nababbi. In qualche caso, o meglio in un caso specifico, anche una pensione da nababbi. Come quella che pioverà dal primo agosto nelle tasche dell'uomo-simbolo della crisi, Rick Wagoner, l'amministratore delegato che parcheggiò un anno fa la sua General Motors col motore ormai bruciato dal fallimento imminente. Rimosso dal vertice di Gm dal presidente Obama, praticamente appena dopo il giuramento che lo insediava alla Casa Bianca, Wagoner, che in General Motors ha trascorso 32 anni della sua vita, riceverà, nel corso dei prossimi cinque anni, otto milioni e mezzo di dollari, ossia un milione e mezzo di dollari l'anno in base al piano di pensionamento dei manager valido per la società appena uscita dalla bancarotta. Come calcio nel sedere niente male, no? In compenso, tra i burattinai della crisi, sono in molti a fregarsi le mani per la soddisfazione. Decine di dirigenti londinesi di Goldman Sachs sono infatti, come i loro colleghi americani, in procinto di ricevere bonus da milioni di sterline, considerato che la banca d'investimenti farà registrare un altro trimestre con profitti in netto aumento. Secondo le prime stime il colosso statunitense, ancora così vivo nella memoria dei tanti derelitti che si sono rovinati fidandosi e affidandosi a esso, avrebbe infatti chiuso i secondi tre mesi del 2009 con un attivo di due miliardi di dollari. E così presto scorreranno fiumi di champagne in molte case (mentre in tante, troppe altre, si continua a far fatica a mettere insieme il pranzo con la cena) perché secondo gli analisti i bonus del settore potrebbero arrivare, alla fine dell'anno, alla cifra complessiva di 12 miliardi di sterline. In particolare, Goldman Sachs potrebbe pagare ben 430mila sterline a testa ai 5.500 manager che costituiscono lo staff londinese. Ma complessivamente, se voliamo oltreoceano, grazie a un «provvidenziale accantonamento» di 6,65 miliardi di dollari, destinati, guarda caso, proprio ai bonus, la società distribuirà ai 29400 dipendenti oltre 226mila dollari(quasi il doppio dello stesso periodo del 2008). Non c'è da stupirsi di tanta generosità se andiamo a frugare nelle tasche dei numeri uno fra tanti uomini d'oro: Lloyd Blankfein che siede sulla poltrona più importante di Goldman ha ricevuto nel 2008 uno stipendiuccio di 63 milioni, 215mila e 422 dollari; Gary Cohn, direttore generale, soltanto qualcosina in meno: 61 milioni e 33.100 dollari mentre David Viniar direttore finanziario e vicepresidente operativo dovrà faticare un po' con i suoi quasi 35 milioni di dollari percepiti nell' «anno nero» 2008.
In ogni caso, per non fare torti, a beneficiare dei ricchi premi non saranno ovviamente solamente i dipendenti di Goldman Sachs, ma anche i manager del nutrito gruppo di finanziarie collegato all'istituto. Certo che è strano, no? Come peraltro è strano ciò che sta accertando la Security and Exchange Commission degli Stati Uniti riguardo a una curiosa speculazione al ribasso, condotta da Goldman Sachs dopo il prestito ponte da 10 miliardi concesso dal governo. Secondo quanto scritto infatti dal Financial Times, alcuni manager della banca d'affari avrebbero venduto azioni per un valore complessivo di 691 milioni di dollari negli otto mesi successivi al collasso di Lehman Brothers. Una cifra superiore a quella raggiunta dalle vendite realizzate tra il settembre 2007 e l'aprile 2008 (432 milioni) in un'epoca in cui il valore azionario era decisamente superiore. Della serie: arricchiamoci sulla pelle di chi si sta rovinando. La storia si ripete, dunque. E sempre a senso unico. Tornano alla mente le tiepide giustificazioni dell'Aig, gigante americano delle assicurazioni che, raccogliendo, mesi fa, dal governo un bel salvagente di 182 miliardi di dollari se ne era subito spesi una parte in bonus per tenersi stetti «i migliori cervelli». Che poi erano gli stessi che l'avevano mandato alla deriva. D'altra parte, nel nostro piccolo, non ci facciamo mancare niente. Anzi non si faranno mancare il solito, irrinunciabile bonus, anche i banchieri d'affari che gravitano nell'orbita di Unicredit.

Lo dice e lo conferma Sergio Ermotti, deputy Ceo di Unicredit e responsabile della corporate and investment banking di Unicredit: «Visto che il primo semestre del 2009 della divisione è andato bene prevediamo di reintrodurre quest'anno il pagamento dei bonus». Bonus.

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