I mercati a picco costano a Zaleski 1,2 miliardi di euro

Il finanziere vicino a Bazoli, socio di Generali e Telecom, fa i conti con la riduzione del margine tra il valore del suo portafoglio e i debiti

I mercati a picco costano a Zaleski 1,2 miliardi di euro

Milano - Tra chi ha iniziato a fare i conti con il crollo delle Borse c’è senz’altro Romain Zaleski. Il finanziere franco-polacco-bresciano, grande azionista di una decina tra le maggiori società quotate alla Borsa italiana (oltre che di altri gruppi in tutta Europa), con il calo dei mercati di questi giorni accusa un «rosso» che - al netto di eventuali strumenti di copertura - è stimato intorno a 1,2 miliardi. E che, calcolando anche le partecipazioni fuori Italia, sale a 2,2.

È questo il conto delle perdite subite in Borsa dai titoli principali del portafoglio di Zaleski. Che vanta prima di tutto il 5,9% di Intesa (in carico a 5-5,5 euro, e che ieri ha chiuso a quota 4,6, con una minus di 700-750 milioni); ma anche l’1,9% di Telecom acquistato a 2,3 euro (contro 1,93 di ieri, e una perdita di 130 milioni), il 2,2% di Mediobanca e il 2,3% di Generali (che dovrebbero costare un centinaio di milioni), e il 2,5% del Monte dei Paschi, anch’esso «sotto» di 100-120 milioni. Completano il quadro l’11% di Edison, il 2,3 di Ubi banca, il 20,1% di Mittel e, all’estero, il 4,5% di Arcelor (che negli ultimi mesi si è svalutato di un miliardo di euro: ieri ha chiuso a quota 39 contro i 55 di tre mesi fa).

Ma al di là della consistenza delle perdite reali (che potrebbero essere protette dai derivati), come l’esperto nocchiero in mare aperto scruta all’orizzonte la probabile tempesta, così Zaleski guarda in questi giorni l’andamento del mercato. Perché a essere minacciato non è solo o tanto il suo portafoglio. Quanto più il suo stesso ruolo nel complesso intreccio della finanza nazionale. E questo per i rischi connessi con il suo indebitamento finanziario, accumulato proprio a fronte delle partecipazioni acquisite, che a loro volta rappresentano la garanzia dei debiti.

Un effetto classico a «leva» che, quando i mercati girano al ribasso, può diventare destabilizzante. Anche perché dal lato dei prestatori ci sono le stesse banche partecipate: secondo ricostruzioni attendibili, il gruppo Unicredit (primo socio di Mediobanca che a sua volta lo è di Generali) è il più esposto, per 2,3 miliardi. Seguito da Intesa Sanpaolo, che ha prestato a Zaleski 1,8 miliardi dei 3,5 che lo stesso Zaleski ha poi investito in Intesa. Seguono banche popolari e istituti esteri.

A pensarci bene il problema finanziario non è così diverso dal rischio dei mutui subprime: le banche americane soffrono le pene dell’inferno perché hanno concesso prestiti a clienti che con i loro soldi si sono comprati la casa, data poi in garanzia alla banca. Ma se le case perdono valore, quando il cliente è insolvente, la banca incasserà una perdita secca. Nel caso di un cliente come Zaleski, che al posto della casa ha un portafoglio finanziario, la banca si limita a chiedere l’integrazione delle garanzie. Ma essendo il cliente già indebitato, il problema può diventare serio. Nel caso della Tassara di Zaleski, secondo altre ricostruzioni di mercato, il portafoglio partecipazioni era stimato alla fine dell’estate intorno ai 14-15 miliardi. E dunque potrebbe oggi essere calato a quota 12-13. C’è ancora margine rispetto agli 8 miliardi che rappresenterebbero l’indebitamento finanziario.

Ma se questo è il quadro finanziario, altro è quello più «politico». Perché il ruolo di Zaleski non è semplicemente quello di un signore che investe quattrini nelle società preferite. La sua forte presenza in Intesa Sanpaolo (è il secondo socio dopo la Compagnia di Sanpaolo) è pacificamente messa in relazione al rapporto di amicizia con Gianni Bazoli, che di Intesa Sanpaolo è il presidente nonché l’inventore. Non a caso Zaleski siede anche in altre entità di orbita «bazoliana», quali Ubi Banca e Mittel. Ma, soprattutto, è entrato in Mediobanca e in Generali proprio quando, in seguito alla fusione Unicredit-Capitalia, il dualismo tra Intesa e Unicredit è diventato il terreno principale di confronto-scontro in tutte le partite di potere. A cominciare da quella per le Generali.

Senza dimenticare che sia Mediobanca, sia Intesa, sia Trieste sono entrate in Telecom. Dove poco dopo è arrivato anche Zaleski. Insomma il rischio-mercati, in estrema sintesi, può trasformarsi in un rischio per la Tassara, ma anche per i progetti di Bazoli e di Intesa Sanpaolo.

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