Nell’XI˚cantodel-l’Iliade l’ancel-ladiNestoreser-ve al vecchio guerriero il «bicchiere della staffa », con cui chiudere una giornata passata sul campo di battaglia. La coppa è di squisita fattura, ornata d’oro, imponente per il metallo in cui è forgiata e per la gloria che emana dal suo possessore. Nella necropoli di Pitecusa, l’odierna Ischia, intorno a un sepolcro infantile dell’VIII secolo a.C. gli archeologi del nostro Novecento trovarono quattro grandi crateri di vino in ceramica, tre brocche per versarlo e una piccola coppa profonda con un’iscrizione greca sul bordo superiore: «Sono la coppa di Nestore, adatta per bere ma chiunque berrà da questa coppa, subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona ». Accanto alle ceneri del bambino, dunque, un membro della famiglia aveva voluto lasciare un omaggio e un simbolo, quasi a fargli vivere nell’aldilà quella giovinezza da simposio, fatta di vino, versi e amore, che nella sua breve esistenza terrena gli era stata preclusa. Ma quella piccola coppa incisa che si rifà all’eroe omerico è anche molto di più: è la prima allusione letteraria d’Europa, dimostra che in quell’insediamento greco in terra d’Italia l’ Iliade non solo era conosciuta, ma serviva da modello comportamentale. I miti, insomma, viaggiavano e i viaggiatori se li portavano con sé. Eroi viaggiatori. Igreci e iloro miti nell’età epica di Omero di Robin Lane Fox (Einaudi, pagg. 546, euro 35) racconta proprio questo, le peripezie e i modi in cui gli uomini dell’Eubea del Settecento a.C. cambiarono in fondo la storia della Grecia, del Mediterraneo e del mondo intero. Utilizzando reperti archeologici e numismatici, testi scritti, racconti e storie, Fox descrive le origini della civiltà occidentale a partire dai viaggi e dalle esplorazioni che mercanti, coloni e avventurieri intrapresero allora, venendo in contatto con le civiltà dell’Oriente e del Medio Oriente. Leggende, narrazioni orali, convinzioni religiose e codici interpretativi vennero rifusi insieme fornendo il materiale mitopoietico, cosmologico, letterario che renderà possibili le grandi creazioni dello spirito greco. Del resto, «mito» in greco significa semplicemente «racconto » e, spiega Fox, l’impulso che lo rese possibile fu l’espressione del sentimento di una comunità per un passato remoto e più splendido. I greci di terraferma dell’VIII secolo avevano alle spalle quattrocento anni almeno di sovvertimenti sociali e di cambiamenti, il crollo della civiltà micenea, la cosiddetta «civiltà palaziale», la distruzione della scrittura sillabica... All’interno di una visione del passato creativa, e quindi distorta, vennero poste le premesse per ripartire nel presente, il racconto di ciò che era stato come nuovo fondamento dell’azione. Le imprese di Eracle lungo l’Europa, la guerra di Agamennone contro Troia, il mar Nero di Giasone e dei suoi Argonauti diventano così l’orizzonte mentale su cui si fonda il controllo del territorio, gli itinerari e le rotte, la scelta dei luoghi... Viaggiatori mitici e viaggiatori reali finiscono per assomigliarsi e non è un caso che scavi archeologici a Itaca abbiano riportato alla luce offerte votive in cui i marinai dell’epoca euboica si ponevano nel segno di Ulisse, ne assumevano simbolicamente l’identità: quel mito altro non era che il modello ideale per i loro viaggi, i loro commerci, le loro imprese. Eroi viaggiatori è il titolo giusto per raccontare un’età in cui non c’erano carte nautiche, né bussole, né i nostri punti cardinali, ci si orientava in base al sorgere e al tramontare del sole, si credeva che la terra fosse piatta, l’Oceano a farle da corona...È anche questo che fa del paesaggio un altro elemento mitico, ovvero frutto di un racconto; i paesaggi, nota Fox, sono creature della cultura oltre che oggetti concreti: derivano il loro carattere da «idee degli uomini». Il pensiero mitologico fu insomma «un tentativo di spiegare e di comprendere. Non conteneva la contrapposizione tra “ mito”e “ragione”. Quando gli Euboici ricollocavano geograficamente i miti e interpretavano oggetti e paesaggi in termini mitici, lo facevano con il sostegno di una realtà che avevano visto, udito ed equivocato in maniera creativa». Il saggio di Fox è anche il racconto di una immedesimazione e di una passione, quelle per Omero e per la sua epica, l’ Iliade e l’ Odissea come prodotto di un rinnovamento e insieme come suo fondamento. Una trentina d’anni fa, Hélène Monsacrè, in un bel libro intitolato Les Larmes d’Achille , Le lacrime di Achille , diede di quell’epopea un’affascinante lettura sotto il segno del pianto: si piangeva nel ricordo, nell’attesa, nel racconto... Era una società virile che si esprimeva attraverso la commozione e l’eroe omerico non era una semplice macchina omicida, perché il suo eroismo comprendeva il coraggio di fronte alla morte, la sua vicinanza nei confronti del dolore, la capacità di emozionare e di emozionarsi. Incantato dal racconto di Ulisse, Alcinoo lo loda così: «Hai narrato con la stessa arte di un aedo ».
E quando a Itaca impugna l’arco con cui farà giustizia dei suoi nemici, come un aedo con il suo strumento fa «cantare» la corda dell’arma, ed essa «gli rese un bel suono, simile al grido di una rondine »... Eroi viaggiatori, eroi umani capaci di soffrire.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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