da Milano
Lidea della grande Europa magari non fa paura, quello che spaventa è la vita quotidiana in questo incrocio di popoli ed etnie, i vecchi fantasmi di sempre: laltro, lo straniero, che ti porta via il lavoro, le tradizioni che si mischiano, lorizzonte che si confonde. È questo il clima che emerge da un sondaggio, del centro ricerche FerrariNasi&Grisanelli, sullingresso di Bulgaria e Romania nella Ue.
Gli italiani non sbarrano le porte. Il 67,7 per cento guarda con favore ai nuovi confini, solo il 22,9% è contrario e un 2,1% dice sì ai romeni, ma non ai bulgari. LEuropa è un feticcio che non si tocca. Tutto cambia quando si scende nel concreto. Basta fare una domanda sul lavoro, sul fatto che i salari bassi di quelle terre attirano già i nostri imprenditori, e le risposte cambiano. Il 61,2% degli intervistati ritiene che labbattimento delle frontiere economiche può davvero creare disagi ai lavoratori italiani. Solo il 15 per cento non sembra preoccuparsi.
La concorrenza fa paura soprattutto alle persone anziane, con licenza media o diploma. Fa paura più nel Nord-Est (48,1%), che nel triangolo industriale (43,1%) o nel Meridione (46,2%). È un dato che non sorprende visto che sono proprio le aziende del Triveneto le prime a cambiare aria, seguendo la flessibilità del capitalismo parcellizzato di quel modello dimpresa. I nuovi confini spaventano il centrodestra (67,7%), ma anche lUnione (58,6%). Gli elettori di sinistra sono favorevoli allingresso in modo più convinto, il 78,9% dei Ds e l81% dei comunisti italiani apre ad Est. Anche romeni e bulgari, comunque, manifestano qualche perplessità. Se gli abitanti di Sofia e Bucarest brindano al nuovo vento europeo, nelle campagne questa nuova avventura è vissuta con una certa ansia.
È unansia che si riflette anche tra gli italiani. Anche loro in fondo, secondo il sondaggio, non sembrano gradire i cambiamenti che piovono dallalto. Spaventa anche il modo in cui questi scenari cambiano. Romania e Bulgaria entrano in Europa? Va bene, ma chi lo ha deciso? Il 65,4 per cento degli italiani ritiene, per esempio, che in questi casi la scelta spetterebbe a un referendum popolare. Non si può lasciare questioni tanto delicate ai burocrati di Bruxelles: il 56 per cento del campione preferiva aspettare.
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