I paesaggi sociali di Emilio Longoni

Nel 1907 Umberto Boccioni arriva a Milano. È entusiasta di quella città dinamica e in espansione, la cui ansia di metropoli moderna tesa al futuro esprimerà nel 1910 in «La città che sale». In quegli stessi anni un altro pittore è invece volontariamente relegato nel suo studio dal quale ha chiuso fuori la città con i suoi strepiti. Emilio Longoni dipinge e dipinge: realizza grandi tele di ghiacciai e laghi gelati, riprendendoli dai bozzetti che ha schizzato ad alta quota sul Bernina, in Engadina, in Valfurva, affrontando il gelo e la solitudine per lunghi mesi, passando le notti negli alpeggi. Due artisti, due mondi. Boccioni muove dal divisionismo verso il futurismo, Longoni porta alle estreme conseguenze la sua personale vicenda pittorica svoltasi tra verismo e divisionismo.Un uomo di fine Ottocento, Emilio Longoni, formatosi a Brera negli stessi anni in cui vi studiavano Gaetano Previati, Cesare Tallone, Medardo Rosso. E Giovanni Segantini al quale lo legherà la scelta divisonista e un lungo sodalizio e con il quale dividerà il suo povero domicilio milanese. Ma è anche un lombardo (è nato a Berlassina nel 1859) che ha assorbito gli umori ribelli degli ambienti anticlericali, socialisti, anarchici, ha vissuto fino in fondo quella «questione sociale» che nell'ultimo ventennio dell'Ottocento irrompe nelle arti figurative mentre nella vita di Milano porterà alle giornate violente del maggio 1898, chiuse dalle cannonate del generale Bava Beccaris.La sua stessa provenienza (è nato in una famiglia poverissima), il suo carattere (è malinconico, talvolta violento, in perenne contrasto con il padre) lo portano in questa direzione ed è questo milieu drammatico a sfociare nell'opera «L'oratore dello sciopero», dipinto per la prima Triennale del 1891. Se moltissimi conoscono «Il Quarto Stato» di Pellizza da Volpedo, altrettanti probabilmente ignorano questo dipinto molto più «estremista» e aggressivo, con un uomo arrampicato su un'impalcatura che arringa la folla da cui si levano i pugni chiusi. Sullo sfondo, le chiese milanesi di San Bernardino alle Ossa e di Santo Stefano. Mai più esposto al pubblico dal 1979, il quadro è ora in mostra alla Galleria d'Arte Moderna di via Palestro che presenta ai visitatori due collezioni piuttosto rare.

Otto dipinti appartengono alla Gam e quindici (tra cui «l'Oratore») alla Banca di Credito Cooperativo di Barlassina che li ha portati alla Gam, curando contemporaneamente anche il restauro degli otto dipinti milanesi («Emilio Longoni. 2 collezioni», fino al 31 gennaio, curatrice Giovanna Ginex, catalogo Skira). Un'occasione per conoscere un artista di grande interesse quanto di poca risonanza.

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