I sindacati vogliono far pagare di più la benzina

Matthias Pfaender

Una raccomandata indirizzata al presidente della Regione Veneto, al prefetto di Treviso, al sindaco di Castelfranco Veneto in cui si chiede di intervenire, prima che sia troppo tardi; prima che gli automobilisti si abituino a pagare meno cara la benzina. A lanciare l’appello l’altro ieri gli iscritti al Gisc Treviso, ovvero il Gruppo impianti stradali carburanti della Marca, gli stessi che nel febbraio scorso avevano mandato una lettera simile a Maroni, per ragguagliarlo sulla «grave situazione anche ai fini dell’ordine pubblico».
Secondo i benzinai della Marca il pericolo per la sicurezza dei cittadini starebbe nel fatto che una «pompa bianca», ovvero uno di quei distributori non legati alle grandi compagnie petrolifere e quindi non obbligati all’esclusiva di marchio, vende benzina e gasolio a prezzi concorrenziali. Troppo concorrenziali, secondo i gestori delle pompe tradizionali, che hanno già pronto un bel piano di battaglia nel caso il loro appello non venisse raccolto: serrate a ripetizione, manifestazioni. Fino alla mossa finale, la «chiusura degli impianti e la consegna delle chiavi al prefetto».
Ma c’è qualcosa di illegale nella politica dei prezzi applicata dalla Iper Montebello Spa, il gruppo che gestisce l’Ipermercato che da due mesi, all’interno del centro commerciale «I Giardini del Sole», ha aperto anche la fatidica pompa di benzina? No, nulla. E del resto lo riconoscono anche gli stessi membri del Gisc: «Non vendono i carburanti sottocosto». Fatto sta che i 13 centesimi al litro in meno applicati dalla «pompa bianca» hanno monopolizzato il mercato della zona, con tanto di lunghe file d’automobilisti, ben disposti a barattare qualche minuto con un risparmio che può raggiungere i dieci euro per un pieno.
Visto che non c’è alcun illecito, difficilmente il Pubblico avrà il potere di intervenire. In fondo è la concorrenza, la liberalizzazione dei mercati nel campo dei carburanti, evento più volte richiesto a gran voce da consumatori e politici. È altrettanto vero però che i gestori «tradizionali» sono stritolati da questa situazione; ma invece che con un distributore senza insegne, o addirittura con le massime autorità territoriali, dovrebbero prendersela con le «sette sorelle», con i colossi pretroliferi, veri artefici della situazione.
Paradossalmente infatti l’approvvigionamento degli impianti «indipendenti» è a opera delle stesse compagnie di bandiera; in pratica la benzina venduta nelle «pompe bianche» proviene dalla stessa base di partenza dalla quale partono le autobotti che riforniscono gli impianti stradali ed autostradali di «marca». «Ma noi - denuncia al Gazzettino Moreno Parin, presidente del Gisc - abbiamo l’obbligo contrattuale di rifornirci esclusivamente dalle compagnie stesse, che determinano il prezzo di vendita al pubblico, il prezzo di acquisto dei gestori e il guadagno pro-litro; che oggi è in media di 3,5 centesimi di euro al litro. Lordi». Non che per le «pompe bianche» il guadagno per litro venduto sia molto più alto. Semplicemente, potendo comprare di volta in volta la benzina da chi al momento fa i prezzi migliori, e rivendendola quindi a prezzi più bassi, hanno un volume di affari molto maggiore.

È dunque la politica del «doppio prezzo» praticata dalle sette sorelle a mettere in ginocchio i benzinai.
«Da tempo abbiamo interessato del grave problema le compagnie petrolifere. Il risultato? La totale indifferenza».

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