Tra i soci bresciani torna il malumore

Il riassetto della holding e il rischio di dover vendere molte partecipazioni a prezzi di saldo

da Milano

Bocche cucite e musi lunghi tra gli azionisti di Hopa. Sembrano essere lontani i tempi delle plusvalenze milionarie. Con l'uscita di Gnutti qualcuno tra i soci bresciani fatica a ritrovarsi nella nuova realtà. In questo momento l'obiettivo primario è rimettere in sesto i conti. Il numero 2 della holding Romano Marniga, che potrebbe lasciare dopo Fingruppo anche il cda di TIMedia, cerca di ricomporre il puzzle delle partecipazioni, poiché, benché nessuno ancora l'ammetta, l'aria di liquidazione è dietro l'angolo. Le banche chiedono i prestiti indietro, stimati in circa 1,7 miliardi. E allora si preparano gli asset da sacrificare in nome della ristrutturazione. Il grosso di Hopa è rappresentato dalla quota in Telecom tramite Olimpia e Holinvest, che ha già abbassato il valore in carico (da 4,3 a 3euro). Parte dell'attivo proviene poi dalla controllata Earchimede e dalle partecipazioni nei fondi, valutate circa 60 milioni nel 2004 oltre ad attività commerciali e immobili. Poi ci sono le quote azionarie in diverse banche e attività industriali come Snia, Sorin, Vemer Siber, o Sangemini, Pineder, Montini e Locman.
Le incognite riguardano la reazioni di soci importanti ad un'eventuale svendita.

Partner come Mps, Unipol, Antonveneta, Bpi e Fininvest, oltre alla Fingruppo, e le decine di soci minori non sono certamente felici nel vedere «in saldo» quello che veniva considerato uno dei più importanti crocevia della finanza nazionale.

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