I tedeschi promuovono il loro mondiale «Siamo i campioni dell’accoglienza»

Nessun intoppo durante la manifestazione. Giudizio positivo anche dal premier inglese Blair: «Cancellati tanti stereotipi negativi sui tedeschi». E adesso riparte il Pil

da Berlino
C’erano più di mezzo milione di persone quando domenica mattina la nazionale tedesca è salita sul palco del «fanmile», il tratto tra la Porta di Brandeburgo e la Colonna della Vittoria che con i suoi 30 megaschermi, orchestrine, birrerie all’aperto, bancarelle di souvenir e tante altre cose è stato il vero palcoscenico della grande festa dei mondiali.
E l’entusiamo con il quale i tifosi tedeschi hanno festeggiato i ragazzi di Klinsmann ha sorpreso un po’ tutti. In fondo i tedeschi, partiti con la convinzione che sarebbero stati loro a conquistare il titolo di campioni del mondo, hanno dovuto accontentarsi del terzo posto. Ma si considerano ugualmente vincitori. E non hanno torto. Perché i mondiali sono andati alla meraviglia: un successo per l’immagine della Germania. «Questi mondiali - ha detto Tony Blair - hanno cancellato tanti stereotipi negativi sui tedeschi, d’ora in poi dovremo guardare alla Germania in modo nuovo».
Eppure il Weltmeisterschaft si era aperto tra timori e apprensioni. C’era l’incubo dell’attentato islamista e della violenza xenofoba. C’era l’irritazione degli organizzatori perché le misure di sicurezza erano state giudicate troppo rigide, soffocanti. Ma soprattutto c’era la maledizione della «panne» che perseguita i tedeschi: organizzatori fantastici, ma poi si scopre che all’ultimo minuto qualcosa non ha funzionato (alle Olimpiadi di Monaco i terroristi palestinesi entrarono negli alloggi israeliani scavalcando una cancellata secondaria priva di vigilanza durante le ore notturne).
Apprensioni più che giustificate perché sul piatto dei mondiali non c’era solo in gioco il prestigio calcistico dei tedeschi ma molto di più: persino la ripresa dell’economia. Perché un successo avrebbe restituito fiducia sul futuro del paese spingendo i cittadini a consumare di più, a spendere, funzionando quindi da volano. E così è stato. Sebbene la coppa sia andata agli italiani, la borsa ha premiato i titoli tedeschi perché il made in Germany ne esce rafforzato. Tutto ha funzionato. L’organizzazione delle partite, l’accoglienza alle squadre e ai visitatori stranieri (sul cui numero ci sono ancora incertezze comunque intorno a una cifra a sei zeri), le misure di sicurezza. Niente «panne» questa volta.
Ma il successo più importante è stato sul piano psicologico, nell’immagine che il paese ha proiettato dall’inizio alla fine del campionato. Quando Beckenbauer e i suoi collaboratori si misero al lavoro decisero anche quale doveva essere il look della Germania durante i mondiali: quello di un paese in festa, gioviale, allegro, completamente diverso dall’immagine tradizionale, conformista, pesante, austera. Ed è questa l’atmosfera che ha trovato chi è venuto in Germania per i mondiali.

Quella di un paese dove tutti, con le loro bandierine e magliette con scritte inneggianti alla gioia del calcio, partecipano all’ondata di entusiasmo. E pazienza se la Germania non ha potuto disputare la finalissima. «Siamo i campioni del mondo dell'amicizia e dell'ospitalità», scrive la Bild. Un titolo, aggiungiamo noi, che vale quanto la coppa dei mondiali.

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