Che cosè un bisogno «vero»? Che cosè un bisogno «falso»? Questo bisogna chiederlo allonorevole Luigi Manconi, che discorrendo, in unintervista sulla Stampa, di un libro sugli Anni di piombo di una sua cara compagna di lotte e di governi (la signora Lucia Annunziata), ci ha voluto ricordare che dietro la violenza di quegli anni cerano, per lappunto «bisogni veri». Ma forse non lo sa nemmeno lui, visto che ha evitato con cura di ricordarci quali fossero i veri bisogni che spinsero in quegli anni tanti bravi giovanetti come lui a civettare con la violenza. Ragion per cui ci affrettiamo a ricordargliene almeno tre, assegnando a ognuno di essi il nome che gli spetta.
Gregarismo autoritario: questo bisogno si espresse nello stile armentizio della loro esistenza gruppettara, che fin dal principio, come quella di ogni mandria che si rispetti, si rivelò fondata sul sogno di un mondo diviso in capetti e gregari. Angelismo sterminatore: ossia bisogno di credersi, in quanto Angeli della Luce, votati a unimpresa di rigenerazione universale, e per ciò stesso obbligati a impegnarsi, sperando e sparando, in una zuffa estrema e micidiale con gli Angeli delle Tenebre, nel che si esprimeva il sentimento, per lappunto angelico, di chi non sapendo far niente vorrebbe distruggere tutto. Innocentismo assoluto: bisogno di immaginare che nessuno abbia mai colpa di niente; giacché la colpa è sempre di qualcun altro, anzi di qualcos'altro: del sistema, della società, della famiglia; il che tuttavia non impedì loro di accoppare parecchi innocenti da loro promossi al rango di nemici di classe.
Da questi tre bisogni possiamo agevolmente dedurre che ognuno di quei cherubini entrò sul palcoscenico politico e sociale di quegli anni con una scarsella di sentimenti e di idee riassumibili in questo monologo interiore: «Sono insoddisfatto e infelice. Ma La colpa non è certo mia. È della società, che fa schifo, mentre io sono un drago intellettuale, sentimentale e morale. Da tutta questa merda urge dunque salvarsi. Non certo grazie a un redentore celeste, ma per opera e virtù di un redentorino terrestre, ossia del sottoscritto contestatore globale. Per trarre me stesso e tutto il genere umano fuori da questo schifo di mondi capitalistico basterà insomma cambiare lordine delle cose sociali mediante un processo storico-politico che a furia di scosse e convulsioni determinerà lemersione di un mondo buono dalla merda di quello cattivo. La mia salvezza, la salvezza di tutti i disgraziati come me, la salvezza dellintera umanità, dipendono dunque anche da me e da tutti i cherubini come me. Ho pertanto il dovere di trovare e di incominciare ad applicare la formula atta a generare questo mutamento portentoso, ossia la ricetta della famosa torta Paradiso in Terra».
Questo ridicolo miraggio trovò il suo principale profeta in un sessantottino che continua a sognarlo ancora oggi.
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