Anna Maria Greco
da Roma
Quella dei vescovi italiani a Romano Prodi e tutta lUnione è uningiunzione senza equivoci. «Giù le mani dalla famiglia e dal matrimonio», sintitola la nota del Sir di ieri. Dopo il no vaticano ai cosiddetti Pacs, respinti dallOsservatore romano come primo riconoscimento alle coppie di fatto soprattutto gay, scende in campo lagenzia di stampa della Cei contro le incaute dichiarazioni del candidato-premier del centrosinistra. E lo fa con estrema durezza, avvertendo che «il Paese non ha alcuna velleità zapateriana», come dimostra il recente referendum sulla fecondazione assistita.
Per lepiscopato guidato dal cardinale Camillo Ruini non è «in alcun modo giustificabile» infliggere con i Patti di solidarietà civile, «un vulnus, come si diceva nel linguaggio aulico, o più sbrigativamente uno sbrego, ad una istituzione più che millenaria come la famiglia, come elemento essenziale di civiltà e di civilizzazione, per venire incontro a rivendicazioni di persone o gruppi più o meno significativi».
Si tratta, secondo il Sir, di un problema politico che è anche un problema costituzionale. «La famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna - si legge nella nota - è una delle istituzioni irrinunciabili della nostra civiltà. Non è un bene disponibile per nessun singolo o nessun gruppo organizzato». Né la ferita è meno profonda e dolorosa se furbescamente la si infligge «per dosi omeopatiche, attraverso la vecchia politica dei piccoli passi, prima equiparando nei fatti, poi in termini di diritto la famiglia ad altre forme di unione». Questo vuol solo dire, per la Cei, che «bisogna vigilare con la massima attenzione» perché lattacco è subdolo.
I vescovi, dunque, respingono fermamente le precisazioni di Prodi sul fatto che la sua non è stata unapertura ai matrimoni gay sullo stile spagnolo, né ad un vero e proprio riconoscimento delle coppie di fatto, ma solo una preoccupazione di tutela dei diritti dei conviventi. Al leader dellUnione la Cei dice di non nascondersi dietro parole ambigue ma di affrontare le sue responsabilità. Si tratta di un vero e proprio aut aut, che chiama in causa la cattolicità del Professore, «all'inizio del suo percorso di candidatura verso le politiche 2006». Il Sir avverte: «È giusto che i singoli possano esprimere i loro diritti, purché non si mettano in discussione valori e principi essenziali non solo per il bene comune, ma per la sussistenza stessa della società. Su questo elemento essenziale bisogna uscire una volta per tutte dalla melassa indistinta del politicamente corretto, dei casi pietosi, dei diritti dei singoli. È tempo di scelte: ognuno le faccia e se ne assuma la responsabilità storica». La Cei ricorda a Prodi che «la sinistra italiana ogniqualvolta si è lasciata tentare da seduzioni radical-secolariste ha dovuto pagare pegno» e che lesperienza spagnola dimostra che il matrimonio gay «non è un'esigenza diffusa nella società, ma una istanza ideologica e settoriale». Per il Sir fanno «scalpore» le dichiarazioni di Prodi prima di tutto per l'interlocutore della sua lettera, quel Franco Grillini che è «uno dei capofila delle rivendicazioni per il matrimonio omosessuale». E infatti, ricorda lagenzia, il Ds presidente onorario dellArcigay, «non esita a rivendicare questo passaggio come una storica tappa per il movimento di cui è leader».
Grillini replica «con rammarico» al Sir che i «casi pietosi in Italia superano largamente i tre milioni» e che si tratta delle sofferenze e difficoltà di tanti conviventi. Difendendo Prodi, che «è un buon cristiano e si occupa di drammi sociali profondi», il segretario nazionale di Arcigay Aurelio Mancuso accusa la Cei di usare il linguaggio dei «gruppi dell'estrema destra omofoba».
Ma anche il Movimento cristiano lavoratori (Mcl) chiama il mondo cattolico ad una mobilitazione, come per il referendum sulla procreazione assistita. «Le persone di buon senso e i cattolici devono opporsi in tutti i modi all'ennesimo attacco portato alla famiglia», dice il presidente Carlo Costalli.
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