I viaggi delle navi fantasma in fuga dalla Nord Corea

Ogni mese decine di barche da pesca approdano sulle spiagge nipponiche. In cerca di libertà

I viaggi delle navi fantasma in fuga dalla Nord Corea

Tokyo

Tagliano la fitta nebbia umida prodotta dal Mare del Giappone, uno dei luoghi più piovosi al mondo, come sagome spettrali di alligatori che nuotano al filo dell'acqua. Poi quando sono riconoscibili all'occhio umano, si arenano nella sabbia o si sfasciano in mille pezzi contro gli scogli.

È un mistero che va avanti da un paio d'anni. In Giappone ogni mese decine di barche da pesca, apparentemente di provenienza sconosciuta, approdano sulle spiagge delle prefetture di Yamagata, Niigata e Tyama. E la cosa spaventosa è che a bordo, molto spesso, non si trova nessuno, come se i passeggeri fossero stati ingoiati dal mare e, quando si trova qualcuno, sono cadaveri in decomposizione o scheletri, indizio che le navi sono rimaste in balia delle correnti per mesi se non anni. Non esiste un registro ufficiale di quelle che i giornali giapponesi hanno ribattezzato «navi fantasma», ma nel 2019 ne sono arrivate sui lidi del Solevante 112 e a fine maggio erano 89. Il quotidiano giapponese Yomiuri Shimbum, citando la Guardia Costiera della Prefettura di Niigata, scrive che queste barche non possono che essere partite dalle coste orientali della Corea del Nord e navigato per un braccio di mare di oltre seicento chilometri. Una probabile defezione di nordcoreani contro il regime totalitario di Kim Young-un, che tentano di raggiungere Giappone o Cina, evitando di finire nelle mani della Marina Sudcoreana che li riporta indietro.

«Purtroppo non esiste nessun canale diplomatico di dialogo tra Tokyo e Pyonyang», scrive Yomiuri Shimbum, «Non sappiamo con certezza chi sono e se le loro defezioni sono state denunciate. Sulle barche, vecchie e prive di ogni standard di sicurezza (non hanno né il radar né la radio, ndr), sono stati rinvenuti, oltre a cadaveri e scheletri, resti di cibo, vestiti e persino pannolini e giochi per bambini. È incredibile che in nessuna occasione la Guardia Costiera sia riuscita a fermare una di queste navi con qualcuno vivo a bordo».

Autunno e inverno sono le stagioni più trafficate dalle «navi fantasma», complici i forti venti che soffiano da Ovest a Est e spingono le barche dalle coste della Corea del Nord ai lidi giapponesi, distanti oltre seicento chilometri. In questo periodo il mare è molto agitato, con tempeste estese per centinaia di chilometri in grado di ingoiare e spazzare via anche le più moderne navi da crociera: con un meteo simile attraversare il Mare del Giappone equivale a suicidarsi. Qualcuno ha parlato anche di spie nordcoreane che tentano di infiltrarsi in Giappone, ma la risposta più valida è quella che sia gente che scappa dal regime dittatoriale di Pyonyang, gente poverissima che si affida al mare senza alcuna esperienza, se non quella di pesca. In alcuni casi, sulle navi, oltre ai cadaveri, sono state ritrovate attrezzatura per la pesca. Il giornale russo Siberian Times a fine maggio riportava che sulla costa non lontana da Vladivostok sono state ritrovate tre navi e a duecento chilometri più a Sud, altre quattro: in una barca c'era il cadavere di un umo attorno ai vent'anni con reti e canne da pesca, le altre erano vuote, ma testimoniavano la presenza che a bordo qualcuno fosse salito.

Tutte le volte che le autorità giapponesi si sono rivolte a Pyongyang per avere una spiegazione, hanno ottenuto o il silenzio o comunicati che smentivano alcuna defezione in quella zona. Anche la Guardia Costiera della Corea del Sud, allertata dal fenomeno delle «navi fantasma», ha intensificato il pattugliamento delle coste, ma senza nessun risultato: sono davvero fantasmi che navigano nel buio delle notti invernali e nel mistero con gente condannata alla morte per fame o annegamento. Infatti, nel 2006 quattro cittadini nordcoreani, in contrasto con Pyonyang, finirono nelle cronache mondiali quando a bordo di una barca da pesca vagarono per una decina di giorni nel Mare del Giappone fino a quando la Guardia Costiera di Yamagata li intercettò e li salvò, curandoli in ospedale per disidratazione. Anche nel 2011, altri nove sudcoreani in meno di una settimana riuscirono a navigare gli oltre seicento chilometri per raggiungere il Giappone. Per sbaglio, perché la loro vera destinazione era la Corea del Sud dove avevano parenti e amici. Si crede, infatti, che non sia proprio il Giappone la destinazione prediletta dei profughi nordcoreani, ma la Corea del Sud, più vicina e con fortissimi legami linguistici e culturali. Inverosimile anche la teoria delle spie: un agente segreto preferisce viaggiare in aereo con false identità.

Così, la spiegazione più plausibile, sembrerebbe quella più prosaica: le «navi fantasma» sono in realtà vascelli da pesca che si avventurano in acque pericolose e in condizioni meteo avverse, finendo per naufragare o andare alla deriva. Ogni tanto, arriva un bastimento di pescatori, vivi e disorientati, semplicemente finiti alla deriva. Il Governo di Pyonyang, per aggirare le sanzioni anche sulla pesca, da sempre invita i suoi pescatori a spingersi oltre le rotte consentite per incrementare quello che un bene prezioso e primario per il paese.

E i banchi più estesi di pesce sono in acque nipponiche. Tale appello, leggi, diktat ha spinto molti pescatori a caccia grossa, sempre più lontano, fino ad accorgersi di non avere abbastanza carburante per tornare indietro.

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