Gli atti dell'inchiesta sulla calunnia di Massimo Ciancimino all'ex capo della Polizia Gianni De Gennaro, pur coperti da segreto, dovevano essere trasmessi dai pm di Palermo alla Direzione nazionale antimafia. Lo ha stabilito il Csm, che dopo aver chiuso con l'archiviazione, qualche giorno fa, il fascicolo sullo scontro tra le procure di Palermo e Caltanissetta, ha dato ragione al procuratore nazionale Piero Grasso, proprio su uno dei punti che aveva acceso lo scontro tra i due uffici giudiziari siciliani, quello della necessità di comunicazione tra gli uffici giudiziari.
Secondo il plenum, le singole direzioni distrettuali e, per i reati collegati all'attività di Cosa nostra, anche le Procure «ordinarie», devono trasmettere alla Dna le carte delle indagini sulle quali Grasso, i suoi aggiunti e sostituti devono svolgere il coordinamento a loro affidato per legge.
La decisione del plenum chiude così, anche se non del tutto, la diatriba che aveva opposto la Dna alla Dda di Palermo sul cosiddetto «caso Ciancimino», nato dalle dichiarazioni e poi dall'arresto del superteste della «trattativa» fra Stato e mafia, oggi indagato per calunnia nei confronti dell'ex capo della polizia Gianni De Gennaro e per detenzione di esplosivi.
La questione era nata dal fatto che i pm palermitani non avevano trasmesso gli atti (cosa che hanno poi fatto, prima della decisione del Csm) né ai colleghi di Caltanissetta (che già indagavano Ciancimino jr proprio per la calunnia a De Gennaro) né alla Dna, sostenendo il proprio diritto di non divulgare carte ritenute coperte da segreto assoluto. Adesso il Csm afferma nella nuova delibera che Grasso ha «senza ambiguità il diritto di accesso pieno e senza limiti agli atti di indagine» e auspica «lo sviluppo del sistema di banche dati a cui il procuratore nazionale ha diritto di accesso».
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