Ma perché il preside (pardon, dirigente scolastico) Maurizio Parodi, ogni anno, di questi tempi, dichiara guerra ai compiti per le vacanze? Lui, il professor Parodi, è ormai diventato implacabile come gli spot Rai sul pagamento del canone: suona l'ultima campanella, ed ecco il pedagogo Parodi ripetere lo «sciopero» della ripetizione. Tema a lui particolarmente caro, tanto da avergli dedicato ben due saggi: «Basta compiti! Non è così che si impara» e «Gli adulti sono bambini andati a male». Qualcuno ipotizza (ma si tratta di malelingue) che la campagna parodiana anti-compiti a casa sia influenzata da tale attività letteraria. Mah. Fatto sta che lo l'ineffabile Parodi quest'anno va oltre, suggerendo - provocatoriamente - a studenti e genitori di consegnare ai docenti la «dichiarazione del diritto alla vacanza»; una sorta di «documento» finalizzato alla «protezione del minore e all'autodifesa della famiglia». Cosa non si farebbe per pubblicizzare un libro, anzi due... Va riconosciuto comunque al professor Parodi il merito di porre con puntualità una domanda-clou delle polemiche estive: ma i compiti a casa servono o no? Sono solo un rito doloroso o fanno bene agli studenti?
Il Parodi-pensiero non lascia margini di dubbio: «I famigerati compiti per le vacanze sono una contraddizione in termini, un assurdo logico, ancor prima che pedagogico, giacché le vacanze sono tali, o dovrebbero esserlo, proprio perché liberano dagli affanni feriali». Parodi è inarrestabile e si lancia in un arduo parallelismo: «Nessun'altra categoria di lavoratori (e quello scolastico è un lavoro molto impegnativo, talvolta alienante e per giunta non retribuito) accetterebbe di prolungare nel tempo libero, e meno che mai di svolgere durante le ferie, compiti professionali imposti».
Tutta fatica inutile, almeno secondo l'ideologo dello «sciopero» estivo dei libri di testo: «La permanenza delle informazioni apprese attraverso l'insegnamento e lo studio domestico - assicura Parodi all'Adnkronos - non supera i tre mesi e il 70% delle conoscenze è oggi acquisito al di fuori della scuola. In altre in altre parole: si impara sempre meno a scuola e si dimentica sempre più in fretta ciò che a scuola si impara».
Parodi, che nel corso degli anni si è trasformato in una sorta di antropologo dei comportamenti studenteschi, ha individuato due «tribù»: la prima composta da alunni «più astuti, volitivi e capaci che esauriscono nei primi giorni tutti i compiti assegnati, dedicandosi poi con sollievo al godimento della meritata libertà»; e la seconda formata da giovani «meno saggi e più pigri, i quali rinviano quotidianamente l'impegno, che in questo modo li assilla per tutta la durata delle vacanze, riducendosi agli ultimi giorni, durante i quali si impegnano in un tour de force che difficilmente esonera i familiari». A cominciare dai genitori che - più che al dibattito «filosofico» - sono interessate alle ricadute economiche dell'annoso problema.
«Secondo i miei calcoli, le famiglie italiane rischiano di spendere circa 215 milioni di euro», dice il pediatra Italo Farnetani, che per l'Adnkronos Salute ha realizzato un'indagine, moltiplicando la spesa per i libri consigliati per il periodo delle ferie dagli insegnanti per il totale degli alunni dei vari cicli scolastici.
«Da tempo - ricorda il pediatra - sottolineo l'inutilità dei compiti, dunque non posso che appoggiare l'idea di Maurizio Parodi». Del resto lo diceva anche Seneca: Non scholae sed vitae discimus. Per i ginnasiali che non sanno tradurre, consigliamo qualche ripetizione estiva.Parodi, Farnetani e Seneca se ne faranno una ragione...
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