Primarie col barbatrucco. Il Pd si fa le liste a tavolino

Bocciata la paladina gay Concia, pressing sul partito per candidarla

Primarie col barbatrucco. Il Pd si fa le liste a tavolino

Roma Se Bersani avesse vinto le primarie come lui, a quest'ora non avrebbe bisogno nemmeno di andare a pranzo con Matteo Renzi. Lui è il bersaniano Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, il dominatore a Roma. Il suo risultato nelle primarie parlamentari democratiche è un boom. Ha sfiorato 12mila preferenze, quasi il doppio della seconda, la veltroniana Ileana Argentin. A parte il successo incredibile di Fassina, spicca una nota ricorrente nella lista dei primi dieci più votati nella Capitale alle «parlamentarie». L'unico ex Dl a conquistare una posizione di prestigio è Roberto Giachetti (nel tondo in basso). Una circostanza davvero anomala per Roma, talmente strana da non essere una coincidenza, ma il frutto di una strategia decisa da tempo. Per avere la candidatura assicurata di Enrico Gasbarra a sindaco, gli ex popolari avrebbero infatti siglato con gli ex Ds il «patto del capitone», come accenna il sito Dagospia. Uno dei grandi registi dell'operazione sarebbe lo sbardelliano Franco Dalia. Gli epigoni dello «squalo» Sbardella, insomma, avrebbero sostenuto i «nemici» interni diessini per accreditarsi la poltrona a sindaco. Che sia Gasbarra il sindaco o meno (un'altra ipotesi potrebbe vederlo in un eventuale governo) per gli ex popolari il Comune dovrebbe essere una sicura terra di conquista. Ecco perché molti di loro hanno lasciato campo libero ai candidati di sinistra in questo giro di primarie di Capodanno. La rinuncia al Parlamento vale poltroncine sicure in Campidoglio. Dalia ha rivendicato l'appoggio alla sinistra del Pd nella direzione regionale del partito.

Dietro Fassina, solo bersaniani, veltroniani e dalemiani. Oltre all'Argentin, l'organizzatrice delle feste dell'Unità, Micaela Campana, i dalemiani Marroni e Orfini, Marianna Madia, da sempre vicina a Veltroni, ora nel gruppo de «i giovani turchi», ovvero i trenta-quarantenni bersaniani che dovrebbero rappresentare il rinnovamento del Pd fedele al segretario, come lo stesso Orfini, responsabile cultura del partito. Se sono state le primarie dei «giovani turchi», almeno a Roma i risultati sono in realtà figli di accordi ben precisi. Sullo sfondo sempre la fatidica spartizione delle poltrone.
Per deputati e senatori di area cattolica, tante amarezze. «Sono in silenzio stampa anche perché è evidente che sono fuori definitivamente», ha scritto mestamente via sms alle agenzie di stampa Stefano Ceccanti, senatore e noto costituzionalista. Amarezza anche per molti renziani. Andrea Sarubbi: «Sarei stato una presenza abbastanza scomoda, certamente troppo montiano per la linea del partito e di un nuovo gruppo parlamentare più spostato a sinistra». Su Renzi «avrei così tanto da dire che poi dovrei andarmi a confessare seduta stante».

C'è poi il caso di Paola Concia (nel tondo in alto), attualmente fuori dalle candidature.

Un gruppo di parlamentari, giornalisti, ed esponenti dell'associazionismo ha firmato un appello pubblico per chiedere al partito di non perderla: «Se il Partito democratico - si legge - vuole davvero costruire una società più giusta non può rinunciare a chi della sua costruzione ha fatto una ragione di vita». Tra i firmatari, Lucia Annunziata, la scrittrice Michela Murgia, Mara Venier.

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