Insulti, sproloqui e bugie. Monti smentito dalla Merkel

Il presidente del Consiglio parla per Angela Merkel: "La Germania non vuole un governo Pd". Ma la cancelliera tedesca lo sbugiarda: "Mai parlato di elezioni italiane"

Insulti, sproloqui e bugie. Monti smentito dalla Merkel

Roma - La resa di Monti: più si avvicina il redde rationem del voto più vacilla. E perde la testa. Come ieri, quando arriva addirittura a insultare gli elettori del Pdl e a strattonare la Merkel prendendosi pure uno schiaffo dalla Cancelliera che lo smentisce.
Prima gli insulti: «Coloro che votano per Berlusconi e il Pdl - punge - sono in gran parte elettori moderati di cui lui tre mesi fa mi aveva proposto di diventare leader. I moderati italiani - ha aggiunto - sono sempre più a disagio con un leader come Berlusconi che di moderato non ha nulla». Non solo: «Se gli italiani votano ancora Berlusconi il problema sono loro, non lui». Ma non si ferma qui, ricordando che all'estero più volte gli è stato chiesto «come potete avere questo strano Primo ministro che fa queste cose e fa queste dichiarazioni. Io l'ho sempre difeso - giura -, noi italiani l'abbiamo eletto tre volte. Forse la prima volta è dipeso dal potere mediatico, ma se lo votiamo la quarta volta agli occhi del mondo l'imputato di stranezza non sarà Berlusconi ma gli italiani». Addio sobrietà.

Poi scalcia a sinistra: ancora una volta si affida alla sua Angela custode per tirare una bordata a Bersani: «La Merkel teme l'affermarsi di partiti di sinistra soprattutto in un anno elettorale per lei, credo che non abbia nessuna voglia di vedere arrivare il Pd al governo». Non solo: «Naturale sarebbe che Merkel auspicasse che il Pdl che sta nel Ppe come lei vincesse le elezioni». Ma, per Monti, il problema è Berlusconi. Confermato dal fatto che ammette candido: «Con una destra Pdl-Lega credo che non ci sarebbe un terreno di intesa - assicura -. Ma senza la leadership di Berlusconi e senza la Lega credo che invece ci sarebbe». Peccato che poche ore dopo arriva la secca smentita da Berlino: «Angela Merkel non si è espressa sulle elezioni italiane e non lo ha fatto neanche in passato», twitta caustico il portavoce della Canecceliera. Autogol per il Professore, visibilmente in affanno.
Il quale, di prima mattina, era tornato a corteggiare Bersani, ammettendo la propria debolezza. Alla domanda se entrerebbe in un governo di coalizione, il premier risponde così: «Come Scelta civica vorremmo governare con coloro che pur avendo orientamenti diversi su altri temi fossero però d'accordo nell'impegnarsi a fondo per aggredire tutte quelle barriere che impediscono all'economia italiana di diventare più dinamica e quindi più equa». Una sorta di non lasciatemi solo. E ancora: la grande coalizione «è qualcosa che in fondo è stato in corso in Italia negli ultimi 14 mesi». Salvate il soldato Monti.
Accortosi, poi, di essere andato un po' troppo in là nell'auspicio di un'alleanza con Bersani e Vendola, Monti rettifica e cerca di correre ai ripari: «Penso che Bersani sarebbe capace di fare il premier, ha fatto bene il ministro dell'Industria - lo elogia -. Ma sono convinto che la coalizione di centrosinistra, per alcune sue componenti politiche e sindacali, non lasci intravedere la capacità di prendere le misure che servono per rendere davvero l'Italia più competitiva. Ha molto peso la Cgil nelle determinazione del Pd». Quindi cerca di smussare la lisciata al leader del Pd: «Non è né una dichiarazione di alleanza, né un dialogo in vista di un'alleanza perché non c'è nessun dialogo, né un endorsement, né una benedizione della quale Bersani non ha bisogno da parte mia», corre ai ripari.

Monti ammette la sconfitta anche su un suo possibile ruolo istituzionale: «Mi dicono che se io me ne stessi tranquillo sarei tra i più accreditati a diventare presidente della Repubblica. Ho fatto una grande rinuncia e non ho idea se ci siano ancora delle possibilità». Evidentemente no. Quindi: «in questa materia l'autovalutazione non è un buon esercizio e non credo di aver fatto tutto il possibile per ingraziarmi» i voti necessari per il Colle.
Per il Quirinale, il premier di fatto «brucia» Napolitano: «Io ho un candidato - ammette -; non è donna e conosce bene quel palazzo dove ha esercitato la funzione di presidente in modo impeccabile: è Napolitano».

Poi «in diverse domande mi è stato chiesto se voterei una donna e io ho detto che dopo Napolitano lo riterrei un elemento molto positivo. Di Emma Bonino penso bene, è stata mia ottima collega, ma ho colleganze tutt'ora in essere ad esempio con le ministre del mio governo». E tutti pensano al ministro Anna Maria Cancellieri.

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