Sussulto profondo, emotivo nel mondo cristiano per le dimissioni del Papa; sussulto politico non meno emotivo nel mondo musulmano per la rivolta araba. C'è una connessione fra questi due epocali eventi? Direttamente, certamente no. Ma osservando il parallelismo temporale di questi due sussulti storici, si possono captare aspetti che aiutano a meglio comprendere due corsi di avvenimenti che hanno in comune un elemento apocalittico. Apocalittico è un termine che nel suo significato etimologico esprime rivelazione, qui usato non nel senso biblico di fine del mondo, ma nel senso di qualcosa di nuovo esaltante, promettente e allo stesso tempo terrorizzante per l'energia che sprigiona (spesso mutuata in violenza) e per le sue imprevedibili conseguenze. Nei due casi si tratta di crisi profonde maturate in tempi differenti che toccano l'essenza stessa del potere e del funzionamento del potere: quello spirituale della Chiesa e quello nazionale dello Stato arabo. Entrambi debbono affrontare il problema della modernità; entrambi debbono far fronte allo scontro fra autorità e consenso; fra disciplina e anarchia. Non sono competente per parlare della Chiesa. Da osservatore esterno mi sembra che la decisione sorprendente e per molti incomprensibile delle dimissioni di Benedetto XVI indichi uno stato di profonda tensione fra la Chiesa istituzionalizzata e la cristianità. Da osservatore del mondo arabo musulmano mi sembra che l'esplosione socio-economica della rivolta araba, già trasformata in controrivoluzione religiosa, indichi la profonda tensione fra lo Stato nazionale arabo fallito e quello emergente islamico non ancora ben strutturato. Nei due casi in comune c'é la volontà di rinnovamento e la ricerca di nuove forme di espressione di identità: dunque di bisogno di speranza e di sviluppo difficili da comprendere e misurare al momento ma che non debbono essere giudicate solo negativamente.
Detto questo è impossibile non vedere le abissali differenze fra le due crisi. La Chiesa possiede strutture di potere spirituale che il potere politico arabo non ha mai avuto. L'idea stessa di nazione gli é estranea, importata dall'Europa coloniale. I suoi profeti indigeni - come il musulmano Nasser e il cristiano Aflaq cofondatore del movimento «Baath» siro-iracheno - non sono riusciti a far prendere radice al panarabismo nelle società locali. La tragedia della Siria, culla del «Risorgimento arabo», lo dimostra non meno della tribalizzazione degli altri Stati nazionali arabi. C'è poi, su un altro piano, quello della fede, una somiglianza che - nonostante le differenze fra Islam e Cristianità - deve essere osservata con rispettosa attenzione perché potrebbe avere conseguenze veramente apocalittiche nelle due società di credenti e in quelle laiche con cui coesistono.
Col fallimento delle ideologie europee del XIX e XX secolo e il crollo dei sistemi politici che avevano sviluppato, con lo sviluppo dell'informazione globale, l'essere umano si sente sempre più isolato nella massa. Ha bisogno di una fede a cui aggrapparsi per dare un senso e accettare la sua mortalità. Questo vale per i membri di tutte le religioni. Il risveglio dell'Islam non solo nei vecchi territori imperiali musulmani lo dimostra come l'espandersi della cristianesimo in Africa e nelle Americhe. Sono movimenti culturali, migratori, di portata storica che si confrontano col problema del nuovo a cui le tradizioni faticano ad adattarsi. Lo fanno però, non senza incidenti di percorso, in direzioni opposte: la Chiesa ricca di strutture forti, antiche e centralizzate è alla ricerca di un nuovo linguaggio per affermare la sua autorità morale sulle masse dei suoi fedeli. L'Islam, che non ha chiesa centralizzata, cerca di sviluppare un nuovo linguaggio politico di guida per masse di fedeli private dell'autorità statale.
Non é un caso che i tre Stati musulmani - Turchia, Iran e Marocco - meno scossi dalla rivolta araba sono quelli in cui il potere politico e religioso hanno assieme elaborato strutture, differenti fra loro, per rispondere alla sfida che la società laica, democratica occidentale ha lanciato a quei nuovi Stati (quello ebraico incluso) che tendono ad essere religiosi, moderni e democratici al tempo stesso.
Nessuno «specialista» islamico o vaticanista è oggi in grado di prevedere quello che succederà. Del resto, salvo qualche inascoltato esperto, nessuno ha previsto quello che sta succedendo. Per cui è pericoloso interpretare questi movimenti in base ad avvenimenti particolari. Non ci sono solo complotti dietro una decisione come quella del Papa. Non ci sono solo Al Qaida e i Fratelli musulmani nella crisi tunisina, libica, egiziana, siriana e irachena.
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